di Mario LIPARI
El Greco e Michelangelo: attraverso lo stato degli studi (Parte 1^)
Quando l’artista cretese Domínikos Theotokópoulos (Fig. 1), detto El Greco (1541 – 1614), arrivò a Roma, nel 1570 circa [1], era prevedibile che l’esempio e l’autorevolezza di Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564), scomparso ormai da sei anni, che avevano da tempo conquistato una nutrita schiera di artisti, prendessero anche l’artista originario di Candia [2], reduce dalla “discepolanza”[3] presso Tiziano Vecellio a Venezia, dove aveva soggiornato tra il 1567 e il 1570 circa.

Dopo il breve soggiorno romano [4], infatti, El Greco sviluppò uno stile decisamente contrassegnato dalle acquisizioni del primo tirocinio veneziano e dagli studi del soggiorno romano, dedicati sia all’antichità che alla “maniera moderna”[5].
Nonostante l’evidente debito contratto verso Michelangelo, El Greco non si moderò nel criticarlo in più occasioni, come si vedrà nel corso di questo studio.
La documentazione in possesso per affrontare questo tema è sia indiretta, come nel caso della lettera di raccomandazione scritta da Giulio Clovio nel 1570, che diretta: El Greco stesso, infatti, si rivela su più fronti una fonte imprescindibile per valutare la sua considerazione nei riguardi di Michelangelo, come anche di altri grandi artisti. Il Greco annotò infatti personali considerazioni in postille apposte a margine di una copia della seconda edizione delle Vite di Giorgio Vasari, attualmente conservata presso la Biblioteca Nazionale di Spagna a Madrid [6]. Un’analisi delle postille sarà oggetto di studio in un articolo successivo di questo studio [7].
In questo articolo prendiamo in considerazione gli studi dedicati all’influenza di Michelangelo sull’arte di El Greco, evidenziando anche le discrepanze tra ciò che El Greco esprimeva in “pubblico” nei confronti del Buonarroti, in termini di disapprovazione, e ciò che rivelava nella pratica, in termini di ammirazione o semplice considerazione. Infatti, si vedrà come una parte consistente della produzione pittorica del Greco mostra una decisa ricezione dei modelli michelangioleschi, che contraddice le contestazioni documentate dalle fonti scritte.
Si vuole fornire, così, uno stato degli studi che comprenda il maggior numero di pareri autorevoli, fino alle ipotesi più aggiornate, in merito alle tracce dei modelli michelangioleschi nelle opere del Greco, in contrapposizione con quello che era il pensiero del cretese attestato dalle fonti storiografiche.
1 L’apertura di Rodolfo Pallucchini
Sul rapporto tra El Greco e Michelangelo intervenne tra i primi studiosi Rodolfo Pallucchini nella sua monografia su El Greco, uscita nel 1956, dove viene presa in considerazione l’importanza del soggiorno romano dell’artista cretese, che si ritrovò a contatto con l’arte postmichelangiolesca, ovvero col lascito e il seguito del grande maestro toscano a Roma[8].
Pallucchini prese come esempio inequivocabile un’opera del Greco: la Pietà del Museum of Art di Philadelphia, opera che merita di essere analizzata in un futuro articolo [9]. L’evidente trasposizione della Pietà Bandini da parte di El Greco [10], pur con alcune varianti, non lasciò dubbi al Pallucchini sulla grande considerazione, definita «devota ammirazione», che l’artista cretese dimostra di aver avuto nei confronti del Buonarroti[11].


Pallucchini non mancò, per altro, di citare la testimonianza offerta attorno al 1620 dal medico e scrittore d’arte Giulio Mancini nelle sue Considerazioni sulla pittura: come vedremo più avanti, Mancini descrisse l’artista cretese intento a discutere con papa Pio V sulla possibilità di ridipingere completamente la parete dove Michelangelo aveva affrescato il Giudizio Universale, all’epoca bersaglio di molte polemiche in merito all’indecenza della nudità dei personaggi, e non solo per questo [12].
Pallucchini aggiunse, infine, un confronto tra la critica che Michelangelo fece nei confronti di Tiziano rimproverandolo di non saper disegnare, come riportato da Giorgio Vasari nelle Vite, e la critica che El Greco, dialogando con l’artista spagnolo Francisco Pacheco del Río [13], fece nel 1611 a Michelangelo che, a detta sua, non sapeva dipingere [14], quasi a prendere le parti del suo maestro veneziano, vendicandolo dell’affronto subito dal maestro fiorentino[15].
2 La monografia su El Greco di Harold Edwin Wethey
Le critiche di El Greco nei confronti di Michelangelo vennero trattate anche dallo storico dell’arte statunitense Harold Edwin Wethey fin dalle prime pagine della sua monografia El Greco and his school, pubblicata in due volumi nel 1962 [16]. Wethey rileva nelle opere del Greco, sia romane che spagnole, un influsso fiorentino evidentemente determinato da un pur breve soggiorno a Firenze, precedente o contemporaneo al soggiorno nell’Urbe[17]. Firenze, d’altronde, era il luogo in cui molti artisti si recavano per ammirare le opere lì conservate, tra le quali Wethey segnala i cartoni per la decorazione della sala del Maggior Consiglio in Palazzo Vecchio, ovvero quelli per la Battaglia di Anghiari [18] di Leonardo da Vinci e quelli per la Battaglia di Cascina [19] di Michelangelo [20].


Secondo Wethey, Michelangelo può benissimo essere considerato il secondo maestro, dopo Tiziano, che determinò l’arte del Greco, come è facilmente ravvisabile nel suo successivo periodo spagnolo[21]; cita, in merito, alcuni esempi come il San Sebastiano [22], la Resurrezione [23] e la già considerata Pietà di Philadelphia [24].
Un altro dipinto considerato da Wethey è la Cacciata dei mercanti dal tempio [25], del Minneapolis Institute of Art, dove El Greco aggiunge all’evidente modello michelangiolesco, che affronteremo più avanti, quattro ritratti di quelli che si potrebbero riconoscere come i maestri che l’hanno ispirato e ai quali si sente maggiormente debitore: partendo da sinistra, Tiziano, Michelangelo, Clovio e, forse, Raffaello Sanzio[26].
3 Xavier de Salas e le postille a margine delle Vite di Vasari
Xavier de Salas Bosch fu il primo ad avviare la traduzione e pubblicazione delle note poste da El Greco nei margini della copia delle Vite conservata alla BNE, un esemplare dell’edizione giuntina del ’68 dove sono state riconosciute le postille di Federico Zuccari, El Greco e Luis Tristán de Escamilla, suo allievo [27]. Le pubblicazioni, uscite prima nel 1966 – 1967 e poi nel 1982, si concentrano sulle annotazioni di El Greco nella vita di Michelangelo.
Nel discorso accademico che fece alla Real Academia de bellas artes de San Fernando nel 1967, il nostro scelse come tema il rapporto tra
«[…] dos de los mayores artistas del Rinacimiento, dos de los mayores en un momento de extrema fecundidad y originalidad en el cultivo de las artes. […] Miguel Angel y el Greco»[28].
Qui, l’obiettivo prefissato era comprendere la compresenza in El Greco della posizione critica nei confronti dell’operato michelangiolesco e la sua dipendenza da modelli dell’artista fiorentino.
Oltre alle testimonianze indirette di Mancini e di Pacheco e alle testimonianze materiali di disegni e opere, Salas presenta una nuova fonte, scoperta da lui: un esemplare della versione giuntina delle Vite con le annotazioni del Greco [29]. Dei tre volumi che compongono questa edizione solo gli ultimi due presentano annotazioni, di tre mani diverse: Federico Zuccari, El Greco e Luis Tristán de Escamilla. La copia prima di essere acquistata da Salas si trovava in un convento madrileno[30].
Salas identificò questi “sfoghi” [31] come una rivelazione del pensiero artistico del Greco e della sua personalità complessa che
«Quizás estos los formuló desgarradamente, pues en su mundo de artista era Miguel Angel como un enemigo al que ni podía olvidar, ni dejar de admirar profundamente»[32].
Su questi materiali si ritornerà in futuro
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Gli studi di Fernando Marías Franco
Lo storico dell’arte madrileno Fernando Marías, specializzato nell’arte spagnola del XVI e XVII secolo, ha dedicato molti suoi studi alla figura di El Greco.
In un articolo del 1993, El Greco y los usos de la antigüedad clásica, Marías parla del rapporto che El Greco ebbe con l’antichità classica, esperibile nei contesti in cui visse l’artista, e della visione del mondo classico riscontrabile nei lasciti artistici del cretese[33].
Effettivamente, El Greco si ispirò e addirittura dipinse quel mondo con cui molti artisti, Michelangelo compreso, ebbero a che fare perseguendo il fascino dell’antico; un esempio è il suo Laocoonte [34], tema ripreso spesso dall’artista candiotto, che prende liberamente spunto dall’omonimo gruppo scultoreo, ai tempi esposto nel Belvedere Vaticano.

In questo articolo, però, Marías non entra nel merito dei rapporti con Michelangelo, pur citando le postille alle Vite vasariane. Per altro, considera una critica che il Greco fa all’elogio tributato dallo scrittore aretino al Toro Farnese [35], considerato di eccezionale bellezza [36].
El Greco bersaglia Vasari coinvolgendo anche Michelangelo. Marías riporta la postilla pubblicata l’anno prima da Xavier de Salas Bosch:
«desto se be que no es solo la pas[…] de Micael A[ngelo] en azerle de disperates» [37]; ovvero «da questo si vede che è solo la passione per Michelangelo che gli fa dire sciocchezze».
Marías è anche autore di un’importante monografia, uscita nel 2013, El Greco: life and work, dove ripercorre analiticamente la vita e la carriera dell’artista cretese, nei contesti in cui visse e negli importanti incontri che fece, come quello con Clovio, che riprenderemo nell’articolo successivo[38].

In questa pubblicazione, Marías aggiunge un’altra prova a favore dell’ipotesi di Wethey sul soggiorno fiorentino di El Greco, precedente a quello romano. Si tratta di uno studio in cui l’artista disegna il Giorno di Michelangelo (Fig. 2), dalla tomba di Giuliano de’ Medici nella sagrestia Nuova in San Lorenzo [39]. Realizzato forse osservando una copia conservata presso l’Accademia delle Arti del Disegno a Firenze, questo disegno è firmato “Domenico Greco” ed è stato riconosciuto come proveniente dal Libro de’ disegni di Vasari[40].
Marías riprende anche la Cacciata dei mercanti dal tempio come opera chiaramente suggestionata dai disegni michelangioleschi dedicati al soggetto evangelico, disegni che furono utilizzati anche da Marcello Venusti per la sua tavola, oggi alla National Gallery di Londra [41]. Marías focalizza la sua attenzione sulla diversità dei due risultati, entrambi ispirati dagli stessi disegni michelangioleschi[42]. Infine, considera come Domínikos si fosse interessato anche del contesto architettonico romano, nonostante la sua predilezione per la scuola veneziana, anche in questo campo[43].
Marías, in merito, riporta un ulteriore conflitto interno alle opinioni del Greco sull’architettura di Michelangelo Buonarroti: impressionato dalla magnificenza e dalla difficoltà nell’innovativo progetto della Basilica di San Pietro in Vaticano, non ritenne meritevoli di considerazione, invece, le realizzazioni del Campidoglio e nel balcone di Palazzo Farnese [44].
Marías tornò a considerare le note scritte dal Greco in margine alle Vite vasariane in: El Greco: il miracolo della naturalezza. Il pensiero artistico di El Greco attraverso le note a margine a Vitruvio e Vasari, pubblicato nel 2017 insieme a José Riello [45].
Sulla scorta del contributo di Xavier de Salas, Marías poté continuare il lavoro sulle note di El Greco al testo vasariano [46]. Questo insieme di note edito e commentato dallo studioso spagnolo è decisivo nel comprendere anche la contradizione tra ciò che El Greco esprimeva a parole su Michelangelo e ciò che, in realtà, dimostrava nelle sue opere e nel suo stile.
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Altri Studi
Un testo che registra alcune opere del periodo spagnolo influenzate dai modelli michelangioleschi è la “guía” [47] redatta dal Museo Nacional del Prado, nel 2001, a cura di Leticia Ruiz Gómez, direttrice del Dipartimento di pittura spagnola del Rinascimento del museo madrileno[48]. Intitolata El Greco y la pintura espanola del Renacimiento, questa guida racchiude ciò che riguarda il Rinascimento iberico attorno alla figura di Domínikos Theotokópoulos e di altri artisti spagnoli, riferendosi alle opere attualmente conservate al Prado.

Tra le opere di El Greco considerate, sono per noi importanti la Trinità [49], la Crocifissione [50], la Resurrezione [51] e il San Sebastiano [52], , tutte opere che mostrano un’innegabile ammirazione per Michelangelo, confermando il fascino che l’artista cretese ha provato nei riguardi dello stile buonarottiano, che è stato ripreso dal Greco anche nella sua attività al di fuori dell’Italia[53].
Lo studioso Michael Scholz-Hänsel, nella sua monografia del 2004 [54], dedica un intero capitolo al segno che Michelangelo impresse sull’arte di El Greco, dopo l’arrivo di quest’ultimo a Roma, e al rapporto di amore e odio tra questi due artisti [55]. Scholz-Hänsel pone, dunque, in risalto l’influenza dell’arte del maestro fiorentino nello stile del Greco, ravvisabile in molte opere che dipinse dal suo soggiorno romano in poi e che fungono anche da ulteriore prova della presenza prolungata dell’artista candiotto nell’Urbe.
Tra gli esempi già citati condizionati dall’arte michelangiolesca, Scholz-Hänsel presenta la Pietà, la Trinità e il San Sebastiano come pregni di rimandi a diverse opere del Buonarroti. Allo stesso tempo, però, lo stile delle opere del forestiero cretese risulta piuttosto libero nella resa della drammaticità, maggiormente percepibile rispetto alle composizioni di Michelangelo[56].
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2015: “Le metamorfosi” di El Greco
Altro importante studioso di El Greco è stato Lionello Puppi, che ricoprì anche il ruolo di curatore nella mostra El Greco In Italia. Metamorfosi di un genio, tenuta presso Ca’ dei Carraresi a Treviso dal 24 ottobre 2015; nella mostra si ripercorse il soggiorno dell’artista candiotto in Italia, dal 1567 al 1576, allo scopo di dimostrarne il merito nel plasmare il giovane artista in un “genio visionario”.
Tra i membri del comitato scientifico della mostra, Andrea Donati si esprime sulle suggestioni michelangiolesche in El Greco a Roma [57]. Donati si sofferma sull’ingresso dell’artista nella “caput mundi” e sulla consecutiva accoglienza presso il cardinale Alessandro Farnese, già persuaso dalla lettera di raccomandazione scritta da Clovio. Ai fini dell’indagine che si sta svolgendo, si sottolinea che il Farnese aveva di suo una forte predilezione per l’arte del Buonarroti [58].

Citando Keith Christiansen, Donati riassume la produzione romana del Greco come composta da «una tensione irrisolta tra la sensualità del colore veneziano e la purezza della forma di Michelangelo»[59]. Un esempio è l’Annunciazione esposta al Thyssen-Bornemisza [60], in cui la tela d’impronta tizianesca subisce il confronto con le invenzioni michelangiolesche [61].
Donati conferma il sentimento nascosto di adorazione che El Greco prova nei riguardi del Buonarroti, senza omettere gli episodi di critica del forestiero, come la proposta di ridipingere il Giudizio Universale e le annotazioni a margine nelle Vite, nuovamente considerate importanti per definire il sentimento di odio e amore, sostenuto dallo stesso Donati, che il Greco provava per Michelangelo[62].
Nello stesso catalogo, Silvia Miscellaneo regesta le attestazioni documentarie utili a ricostruire il passaggio del Greco in Italia [63]. Oltre alle testimonianze veneziane, sono inserite per intero la lettera romana di Clovio e quella che El Greco [64] scrisse al cardinale Farnese due anni dopo la lettera del miniatore[65]. La missiva di Domínikos testimonia la fine della permanenza presso Palazzo Farnese, nel 1572, e il punto di inizio della sua autonomia artistica.
7 Il contributo di Christiansen
Anche Keith Christianen diede un suo contributo agli studi su El Greco e sul rapporto che ebbe con l’artista fiorentino. In un articolo del 2017 pubblicato nella rivista “Nuovi studi” [66], Christiansen riprende la carriera romana di El Greco dalla perdita della protezione del cardinale Farnese, presso cui si formò nella cultura michelangiolesca [67]. A seguito di questo evento, El Greco si organizzò aprendo bottega a Roma, assumendo due aiutanti, Lattanzio Bonastri e Francesco Prevoste, e guadagnandosi una certa reputazione soprattutto come ritrattista[68].
Christiansen nota come le opere del periodo romano rispecchino uno stile più scultoreo rispetto alla produzione veneziana e, quindi, in linea con la richiesta dell’Urbe[69].
Nuovamente, nel catalogo della mostra di Chicago edito da Rebecca J. Long nel 2020, Christiansen spiega l’ambizione del Greco, ormai in età “avanzata”, ad abbandonare le convinzioni artistiche apprese in gioventù in Grecia, per diventare un artista del calibro dei maestri[70].
Mario LIPARI, Catania, 1 Giugno 2025
NOTE
[1] L’unica testimonianza del suo arrivo nella Città Eterna viene tratta da una lettera di raccomandazione che il miniaturista Giulio Clovio scrisse in favore di El Greco al cardinal Alessandro Farnese, il 16 novembre del 1570, per richiedere la sua protezione. Nella lettera si legge che El Greco era appena arrivato in città. La lettera è conservata nell’Archivio di Stato di Parma, Epistolario scelto, b. 18. Pubblicata per la prima volta in A. Ronchini, Giulio Clovio, in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e Parmesi, 1865, III, pp. 259 – 270.
[2] Odierna Iraklion, capitale dell’isola greca di Creta.
[3] Secondo Andrea Donati (Il Greco a Roma, 1570 – 1575 circa, in El Greco in Italia: metamorfosi di un genio, catalogo della mostra a cura di L. Puppi, Milano 2015, p. 110). Anche se viene identificato come “discepolo di Tiziano” da Clovio e in altre fonti, non è corretto definirlo con certezza come tale in senso stretto.
[4] Le documentazioni si fermano al 1572, ma basandosi sulle opere prodotte in Italia è probabile che la permanenza durò fino al 1575 circa, quando è documentato con certezza a Madrid.
[5] M. Lambraki-Plaka, El Greco: Ho Hellenas, Atene 1999, p. 42.
[6] Madrid, Biblioteca Nacional de España, Inv. V. 3.2, donato dalla Fundación El Greco nel 2015.
[7] Il primo ad avviare la pubblicazione di questa fonte fu lo storico dell’arte Xavier de Salas Bosch, nel 1966. Un approfondimento a riguardo si svolge nel seguito del presente articolo.
[8] R. Pallucchini, Il Greco, Milano 1956, p. 26.
[9] El Greco, Pietà, 1570 – ‘75, Philadelphia, Philadelphia Museum of Art.
[10] La Pietà Bandini, all’epoca, si trovava nella vigna del mercante fiorentino Pierantonio Bandini sul Colle del Quirinale a Roma. Nel 1674 venne acquistata e trasportata a Firenze dal granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici.
[11] Pallucchini, Il Greco, p. 26.
[12] G. Mancini, Considerazioni sulla pittura, a cura di A. Marucchi e A. Salerno, I, Roma 1956, pp. 230 – 231. Non è segnalata alcuna data, l’evento è accaduto probabilmente durante il pontificato di Pio V (1566 – 1572), quando El Greco si trovava a Roma.
[13] Maestro e suocero di Diego Velázquez, fu Pacheco a riportare la dichiarazione di El Greco e a registrare altre notizie sull’artista candiotto nel suo trattato Arte de la Pintura del 1649.
[14] El Greco stesso entrò nel merito della discussione sostenendo, nello stesso dialogo con Pacheco, la superiorità del colore rispetto al disegno (si veda P. Barocchi, La vita di Michelangelo nelle redazioni del 1550 e del 1568, III, Milano 1957, p. 433).
[15] Si vedrà, nei futuri articoli, che El Greco difese sempre Tiziano e ciò che apprese durante il suo soggiorno a Venezia, sia verbalmente che nella pratica.
[16] H. E. Wethey, El Greco and his school, I-II, Princeton 1962.
[17] Wethey, El Greco and his school, I, p. 7.
[18] All’epoca visibili presso Palazzo Vecchio.
[19] Gli originali vennero distrutti, presso Palazzo Medici, dallo scultore Baccio Bandinelli nel 1512. Sopravvivono diverse copie di cui una realizzata da Aristotile da Sangallo, allievo di Michelangelo, databile al 1545 e adesso conservata nella collezione di Holkham Hall a Norwich.
[20] Wethey, El Greco and his school, I, p. 7.
[21] Wethey, El Greco and his school, I, p. 29; 53.
[22] El Greco, San Sebastiano, 1577 – ‘78, Palencia, Museo catedralicio.
[23] El Greco, Resurrezione di Cristo, 1577 – ‘79, Toledo, Santo Domingo el Antiguo.
[24] Wethey, El Greco and his school, p. 40; 53.
[25] El Greco, Cacciata dei mercanti dal tempio, 1570 – ‘75, Minneapolis, Minneapolis Institute of Art.
[26] Wethey, El Greco and his school, p. 25.
[27] Il primo proprietario fu Zuccari, dopo El Greco passò a Tristán.
[28] «[…] due dei più grandi artisti del Rinascimento, due dei più grandi in un tempo di estrema fecondità e originalità nella coltivazione delle arti. […] Michelangelo ed El Greco». X. de Salas Bosch, Miguel Angel y el Greco: discurso academico del Exmo. Sr. D. Xavier de Salas, Madrid 1967, p. 14.
[29] Xavier la introdusse in Un exemplaire des Vies de Vasari annoté par le Greco, nella “Gazette des Beaux Arts”, 1967, p. 176.
[30] Salas Bosch, Miguel Angel y el Greco, p. 32.
[31] Salas Bosch, Miguel Angel y el Greco, p. 33. Salas utilizza il termine “desahogos”, che in italiano può essere tradotto con “sfoghi”.
[32] «Forse le formulò in modo tormentoso, poiché nel suo mondo di artista Michelangelo era come un nemico che non poteva né dimenticare né smettere di ammirare profondamente». Salas Bosch, Miguel Angel y el Greco, p. 52.
[33] F. Marías Franco, El Greco y los usos de la antigüedad clásica, in “Jornades de Arte”, VI (1992), pp. 173 – 182.
[34] El Greco, Laocoonte, 1610 – ‘14, Washington, National Gallery of Art.
[35] Recuperato durante gli scavi, commissionati da papa Paolo III (1534 – 1549), nelle terme di Caracalla a Roma. Rimase esposto presso il Palazzo Farnese fino al trasferimento a Napoli, per conto di Ferdinando IV di Borbone (1751 – 1825), nel 1788.
[36] Marías Franco, El Greco y los usos de la antiguedad clasica, p. 174.
[37] X. De Salas – F. Marías Franco, El Greco y el arte de su tiempo. Las notas de El Greco a Vasari, Madrid 1992, p. 108 – 109.
[38] F. Marías Franco, El Greco: life and work – A New History, Londra 2013.
[39] El Greco, “Giorno” di Michelangelo, 1570 ca., Monaco di Baviera, Staatliche Graphische Sammlung, Inv. 13756 Z.
[40] Marías Franco, El Greco: life and work, pp. 74 – 77. Come noto, il Libro di Giorgio Vasari è una raccolta, avviata nel 1528, di quasi duemila disegni di diversi artisti, collezionati e curati dallo stesso Vasari. Menzionato nelle sue Vite, una sorta di completamento visivo a quanto scritto come storiografo, era costituito da più collazioni non rilegate tra loro. Le varie raccolte vennero disperse dagli eredi del Vasari dopo la sua morte (Barocchi, La vita di Michelangelo, I, p. 117; II, p. 1899).
[41] Marcello Venusti, Purificazione del tempio, 1550 – ‘79 ca., Londra, National Gallery.
[42] Marías Franco, El Greco: life and work, p. 82.
[43] Un’importante testimonianza dell’interessamento del Greco all’architettura sono le sue annotazioni, databili posteriormente al 1591 a Toledo, in una copia italiana di Vitruvio, I dieci libri dell’architettura, edita dal patriarca di Aquileia Daniele Barbaro nel 1556 e anch’essa oggi conservata nella BNE, Inv. R/33475 (F. Marías Franco – A. Bustamante García, Le annotazioni di El Greco al Vitruvio di Daniele Barbaro, in El Greco: il miracolo della naturalezza, pp. 75 – 225).
[44] Marías Franco, El Greco: life and work, p. 98.
[45] F. Marías Franco – J. Riello, El Greco: il miracolo della naturalezza. Il pensiero artistico di El Greco attraverso le note a margine a Vitruvio e Vasari, Roma 2017.
[46] Marías Franco, Le note di El Greco alle Vite di Vasari. Traduzione e commento, in El Greco: il miracolo della naturalezza, pp. 227 – 352 (traduzione dallo spagnolo di Massimo De Pascale).
[47] In spagnolo “guida”.
[48] L. Ruiz Gómez, El Greco y la pintura espanola del Renacimiento, Madrid 2001.
[49] El Greco, Trinità, 1577 – ‘79, Madrid, Museo del Prado.
[50] El Greco, Crocifissione, 1597 – 1600, Madrid, Museo del Prado.
[51] El Greco, Resurrezione di Cristo, 1597 – 1600, Madrid, Museo del Prado.
[52] El Greco, San Sebastiano, 1610 – ‘14, Madrid, Museo del Prado.
[53] Ruiz Gómez, El Greco y la pintura espanola, p. 80.
[54] M. Scholz-Hänsel, El Greco, Colonia 2004.
[55] Scholz-Hänsel, El Greco, pp. 29 – 35.
[56] Scholz-Hänsel, El Greco, pp. 29 – 32; 44.
[57] Donati, Il Greco a Roma, pp. 109 – 134.
[58] Puppi, El Greco in Italia, p. 109.
[59] Donati, Il Greco a Roma, p. 121. Citazione in K. Christiansen, El Greco, pp. 97 – 99.
[60] El Greco, Annunciazione, 1576 ca., Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza.
[61] Donati, Il Greco a Roma, p. 121.
[62] Donati, Il Greco a Roma, p. 112.
[63] S. Miscellaneo, I documenti, in El Greco in Italia, Milano 2015, pp. 55 – 64.
[64] La lettera è conservata presso l’Archivio di Stato di Parma, Carteggio Farnesiano estero, b. 467. Pubblicata per la prima volta da A. Pérez De Tuleda, A proposito di una lettera inedita di El Greco al cardinale Alessandro Farnese, in “Aurea Parma”, LXXXV, II (maggio-agosto 2001), p. 188.
[65] Miscellaneo, I documenti, p. 63.
[66] K. Christiansen, El Greco’s entombment painted in Rome, in “Nuovi studi”, XXIII, Trento 2018, pp. 119 – 124.
[67] Nella corte del Farnese, il bibliotecario Fulvio Orsini ebbe un ruolo fondamentale nell’avvicinamento del Greco ai modelli buonarottiani. Un’analisi verrà fornita in seguito.
[68] Il suo principale concorrente fu Venusti che basava molte sue opere sui disegni di Michelangelo, parecchio apprezzate anche al di fuori dell’Italia (Christiansen, El Greco’s entombment, pp. 119 – 120).
[69] K. Christiansen, El Greco’s entombment, p. 121.
[70] K. Christiansen, El Greco in Italy, in El Greco: ambition & defiance, Chicago 2020, pp. 17 – 27.
BIBLIOGRAFIA