“Duilio Cambellotti al di là del mare”. In mostra a Terracina le opere del poliedrico artista (fino al 20 novembre)

di Rita RANDOLFI

A Terracina, nella splendida cornice  della cistercense chiesa di San Domenico (figg. 1, 2), oggi sconsacrata,  recentemente restaurata e restituita al pubblico, è ospitata la mostra, visitabile  fino al 20 novembre, Duilio Cambellotti al di là del mare, a cura di Francesco Tetro, patrocinata dal Comune, dalla  Fondazione città di Terracina e dall’Archivio dell’opera Duilio Cambellotti.

1.Terracina, Chiesa di San Domenico, facciata (part.)
2.San Domenico,Terracina (interno)

Grazie alla collaborazione con la Galleria Russo, custode dell’archivio dell’artista, sono state esposte più di novanta opere, affiancate da fotografie d’epoca che ricostruiscono l’iter creativo di una personalità poliedrica, che sperimentò diverse tecniche: la ceramica, la scultura, l’illustrazione, la pittura su vetro, nella convinzione di voler produrre  un’arte per tutti, che uscisse dalle mura dei musei, luoghi deputati alla sua conservazione, e invece scendesse per le strade, le piazze, e si contaminasse con la quotidianità della gente comune.

Già nel  titolo della rassegna si esplicita quel rapporto intimo che Cambellotti ebbe con il territorio e gli abitanti di Terracina, storica tappa del Grand Tour per le sue bellezze paesaggistiche  mirabilmente connesse con la storia antica, che affonda le sue radici nel mito.  L’artista si innamorò della cittadina agli inizi del Novecento, quando fu coinvolto dall’amico Alessandro Marcucci nel progetto finalizzato all’apertura di scuole rurali pensate per combattere l’analfabetismo nella campagna romana, allora devastata dalla malaria e dalla povertà. Gli abecedari illustrati esposti nelle teche rinviano all’impegno profuso in questa direzione dall’artista, che credeva fermamente nel valore didattico dell’arte e la rappresentazione di una pianta  di Ulivo,  che ritraeva un albero vero nel cortile di una scuola, oltre a riflettere l’interesse dell’artista per il gioco di rimandi esterno-interno, sottendeva un messaggio di pace e di speranza   per il  futuro di queste popolazioni.

Cambellotti visitò le zone dell’Agro  riempì i suoi taccuini di schizzi, che trasformò nel proprio atelier in una narrazione fantastica.   Il Circeo  costituisce il soggetto delle  tempere acquarellate facenti parte della serie delle Allegorie del Circello del 1922, tra le quali  spicca La nave salpa, (fig. 3) scelta quale logo dell’esposizione,  in quanto si presenta come una visione onirica, velata di malinconia per un passato mitico, che non si può risuscitare,  ma solo evocare in silenzio: il promontorio stesso diventa la prua della nave e le isole pontine si trasformano in chimere.

3 Duilio Cambellotti, Allegoria del Circello, La Nave salpa. 1921 – 22

Con  attenzione e uno sguardo sognante Duilio ritrasse elementi tratti dal vero, Cancelli, Staccionate, Palafitte,  ma anche parti  dell’architettura medievale  come i capitelli e le mensole della chiesa di San Domenico, proponendo  scorci di indiscutibile fascino di un luogo  che ha la fortuna di  ergersi  tra le montagne ed il mare.

Un paesaggio incantato ed incantevole quello di Terracina, ma che gli incendi e la guerra hanno ferito: Orogenesi rappresenta la cittadina sepolta dalle macerie dovute al bombardamento,  un grido di dolore da parte dell’artista, che la rende riconoscibile solo attraverso elementi naturali che sono diventati il suo simbolo:  Pisco Montano da un lato ed il profilo di Monte San’Angelo, dall’altro. L’assenza dell’uomo sottolinea la tragedia, mentre i buoi uccisi  si intravedono tra  le rocce divenendo essi stessi rovine.

Le opere esposte nella sezione Laboratorio d’artista, riguardano ancora Terracina e  dimostrano le sperimentazioni di Cambellotti nelle diverse tecniche artistiche, e in particolare nella xilografia, ritenuta una forma di grafica  moltiplicabile e sintetica, basata sul segno nitido, puro adatto ad una divulgazione più rapida.

4 Duilio Cambellotti Portatrice di legname 1930
5 Cambellotti Vallo di fuoco-1910

La serie Anxur, è affiancata dai legni, dai disegni e dagli acquerelli, che rivelano il processo creativo, evidente anche dal ricorso alle  fotografie d’epoca  conservate  nello studio di Duilio e utilizzate ne L’ancora (1947) o in Rovine (1948), dove torna il tema della guerra.

6 Duilio Cambellotti, Le Conobe, 1910 – 12

La dignità del lavoro e dell’arcaico mondo contadino emerge dalle chine con Portatrice di legname (fig. 4),   Il Vallo di fuoco (fig. 5), le Mura, La Legnania, ma anche  nelle mattonelle di ceramica,  e soprattutto ne Le Conobe (fig. 6), dove le conche di rame sono come sospese sulle teste delle contadine dalle espressioni concentrate.

Tornano anche i bovini (fig. 7), protagonisti allora come oggi  dell’allevamento locale,  presentati con una maestosità che ha il sapore della storia.

 

7 Duilio Cambellotti, I bovini
8 Duilio Cambellotti, Bozzetto Manifesto Ifigenia in Tauride-1933

Dopo aver sperimentato l’arte pubblicitaria, Cambellotti approdò al teatro, inteso come strumento  per istruire,  divulgare idee, evidenziando l’importanza sociale  della coralità e della fusione tra musica, danza, recitazione e arte. In mostra è presente una sezione dedicata all’attività di scenografo per i teatri di Siracusa, Taormina e Ostia antica.  Nei bozzetti in bianco e nero e colorati, nei modellini, Duilio propone architetture essenziali, quasi metafisiche, che accentuano la gestualità drammatica degli attori. Sono esposti anche bozzetti mai realizzati forse per I Persiani di Eschilo,  al fianco di quelli per il Prometeo e l’Oreste di Eschilo, quello per il manifesto dell’Ifigenia in Tauride (fig. 8), il modellino  per l’Aiace di Sofocle (fig. 9).

9 Duilio Cambellotti, Modello Aiace Sofocle e Ecuba Euripide-1938-1939

Cambellotti fu anche coreografo e costumista, come dimostrano alcuni abiti di scena presenti  all’esposizione.

10. Duilio Cambellotti, Vaso dei cavalli, 1903

Non poteva mancare la sezione dedicata alla scultura di solito di piccole dimensioni. Una vera sorpresa è costituita dalla presenza del Vaso dei cavalli del 1903 (fig. 10). L’opera era rimasta semidistrutta nell’incendio della Sezione Arti Decorative dell’Esposizione Internazionale di Milano del 1906, da cui  l’artista riuscì a salvare i due cavallini di bronzo, che, proprio in occasione di questa  mostra, sono stati montati su un vaso di gesso della stessa forma di quello originario.

11 Duilio Cambellotti, Il Buttero 1918-19

La dea della fecondità Cybele, veste i panni di una contadina dell’Agro Romano, mentre il Magister Equitum costituisce la risposta antieroica  nei confronti delle sculture equestri dei combattenti del Risorgimento che popolavano le piazze d’Italia.

Cambellotti sottopose la figura del buttero a cavallo (fig. 11) ad una progressiva semplificazione formale che lo porterà a trattare i due personaggi come un’unica creatura, per  sottolineare il profondo legame che unisce l’allevatore al suo animale, sua fonte di sostentamento.

Di grande suggestione la replica della  lastra in gesso  con i Cavalli della palude Pontina,   un inno alla vitalità che fa eco alla corrente futurista.

12 Duilio Cambellotti Vaso con falchi-1912
13 Duilio Cambellotti Impressioni di palude-1930-34

Gli zoccoli, le criniere le code si moltiplicano dando l’impressione quasi di poter sentire il rumore della mandria di equini lanciati al galoppo. Dal fregio originale in gesso, oggi di proprietà della Fondazione Elena e Claudio Cerasi di Roma, è stata eseguita una replica in bronzo donata alla comunità di Terracina dalla Regione Lazio, e oggi ospitata nell’area porticata del palazzo comunale. Numerosi i vasi di ceramica le terrecotte che prendono spunto da elementi naturali, come falchi (fig. 12), scarabei, serpenti, persino i corvi neri della palude pontina si ergono con le loro sagome nere contro  il fondo chiaro di una vetrata (fig. 13).

14 Duilio Cambellotti, Tavolo dei timoni-1912

Nello spazio dell’ex sagrestia di San Domenico sono stati esposti alcuni elementi di arredo  tra i quali degno di nota è il Tavolo dei Timoni, (fig. 14) del 1912, il cui sostegno è costituito da due timoni di una barca, simbolo del lavoro duro dei pescatori, che assurge al valore di opera d’arte.

La mostra si conclude con il bozzetto a tempera e la fotografia del Monumento ai caduti della prima guerra mondiale (figg. 15, 16), visibile nella stessa piazza centrale di Terracina,  e con le foto della realizzazione del Monumento ai caduti della seconda guerra mondiale di Borgo Hermada  a suggellare il legame forte e importante che l’artista mantenne con l’Agro Pontino e la sua popolazione.

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Un’eposizione, dunque, che vale la pena di visitare, magari approfittando di qualche calda giornata d’autunno.

 

 

 

 

 

Rita RANDOLFI   Roma 14 novembre 2021

Visitabile  presso l’Auditorium di San Domenico, Via San Domenico, 15 Terracina

dalle ore 16.00-19.00 dal lun. al ven.; ore 10.00-13.00/16.00-19.00 sabato e domenica

Prezzo del biglietto: intero € 7 .Ridotto € 3,50 per i giovani da 12 a 18 anni, € 5 per i residenti