Daniela Fonti: “Era un uomo che ha amato molto le donne e che da loro è stato molto riamato; una vita vissuta con frenesia …”

di Daniela FONTI

Maurizio Fagiolo è stato uno studioso originale, curioso, fuori dagli schemi e un uomo estremamente interessante; molto amabile e generoso di sé (quando voleva), ispido e pungente come lo Scorpione del suo segno quando qualcuno non gli piaceva.  Amava andare contro corrente, parlare di de Chirico e Savinio, che quando se ne è occupato lui – a parte qualche strenuo snob – non erano personaggi molto amati. Preferiva Bernini a Borromini, Balla a Boccioni, sempre gli sperimentatori “laici” agli artisti troppo tormentati e involuti. Di Roma amava tutto, perché era barocca, una grande madre generosa e un po’ esagerata nei tramonti; perché suo padre, il grande poeta romanesco Mario dell’Arco gliela aveva conficcata nell’anima con i suoi versi asciutti e mai retorici; perché aveva generato gli artisti della “Scuola Romana” ai quali ha dedicato anni della sua vita in uno sforzo complessivo di riscoperta critica che oggi, purtroppo, sembra riassorbito nelle sabbie mobili del mercato, troppo ossequiente alle mode del momento. Da giovane critico ha frequentato e in parte quasi scoperto tanti artisti degli anni Sessanta, poi divenuti molto famosi e che – non so se per questo-  ha smesso di amare presto tornando a studiare i pittori più devozionali del Barocco. Non ha mai invece smesso di frequentare, letterariamente, Giorgio de Chirico e letteralmente un grande fotografo architetto Maurizio Di Puolo, con il quale ha formato per trent’anni  un sodalizio professionale e umano inscindibile, in una vera complementarità di anime. E’ stato un grande maestro, per inventiva, estro e lateralità dello sguardo, per tanti storici dell’arte e curatori oggi di successo, che – come me- gli devono moltissimo. Era un uomo che ha amato molto le donne e che da loro è stato molto riamato; una vita vissuta con frenesia – ma sempre senza alcun eccesso – in una sorta di presentimento, ma sereno,  di morte precoce. Oggi in tanti lo piangiamo ancora, ma la cosiddetta comunità degli studiosi lo ha messo nel cassetto dei ricordi con troppa leggerezza (e presunzione).

Daniela FONTI   Roma  22 novembre  2019