Dall’Arte alla Moda. 100 anni di grafica pubblicitaria in mostra alla Fondazione Magnani-Rocca.

di Giulio de MARTINO

Dal 10 settembre 2022, si può visitare la mostra “Moda e Pubblicità in Italia. 1850-1950” installata dalla Fondazione Magnani-Rocca nella “Villa dei Capolavori” di Mamiano di Traversetolo (Parma).

Leopoldo Metlicovitz, La Rinascente, 1921, cromolitografia su cartone. Direzione Regionale Musei Veneto – Museo Nazionale Collezione Salce

Le immagini in mostra sono 150 e sono costituite da manifesti originali, riviste di moda e da cataloghi di Grandi magazzini. L’arco cronologico preso in esame inizia dalla metà dell’Ottocento e giunge fino alla metà Novecento. Raccontando il processo di sviluppo della «moda italiana» e le fasi della sua affermazione internazionale, quando affiancò e sopravanzò i comparti dell’abbigliamento e degli accessori inglesi, francesi e americani.

La mostra ha due obbiettivi. Il primo: esaltare la competitività internazionale del «Made in Italy» nel settore «moda e accessori dell’abbigliamento» rispetto ai competitori e concorrenti internazionali.

Il secondo: evidenziare come l’investimento pubblicitario e l’espansione commerciale abbiano potenziato il lavoro e il successo delle «Case della moda» e delle aziende italiane attive nel settore dei tessuti, dell’abbigliamento e dei suoi complementi (cappelli, scarpe, guanti, borse …).

Aleardo Villa, E.-A.-Mele & C. Guanti-1898-ca cromolitografia su carta-104-x-1455-cm- Museo Nazionale Collezione Salce Treviso

In realtà – inglobato e celato nel concetto di «pubblicità» e in quello di «mercato» – c’è il lavoro di disegnatori e di artisti che – come affermarono i Futuristi – facendo del «réclamismo» fecero dell’arte.

 Questo è, infatti, il vero tema della mostra parmense: il contributo decisivo delle arti visive, tra ‘800 e ‘900, nel trasformare le attività sartoriali italiane in un fenomeno industriale e culturale quale è stato ed è quello della «moda».

L’ingresso delle arti visive (disegno, scultura, pittura, fotografia, cinema) nel settore del «Fashion» ha fatto in modo che l’artigianato sartoriale e le case produttrici dell’abbigliamento – le Maisons – uscissero dal circuito ristretto delle attività private e delle ditte familiari – conosciute per «passa parola» – dando origine al fenomeno della «Moda» propagandato sui muri e nelle vetrine delle grandi città.

Leopoldo Metlicovitz, Calzaturificio di Varese, 1914. Cromolitografia su carta. Museo Nazionale Collezione Salce, Treviso

Prima che nascessero i fenomeni dell’Aute Cuture (“High Fashion”) e del «Grande sarto» – inteso come stilista e come creatore di un Outfit e di una Immagine della donna e dell’uomo originali – occorreva che le arti e la pubblicità rendessero il capo di abbigliamento un bene «alla moda» e quindi un simbolo. Il cappotto, la gonna, la blusa, la giacca dovevano diventare un oggetto di consumo sempre più ricercato, quindi: visibile e diffuso. Dell’abito, ovviamente, esistevano sia la versione «elitaria» e «chic» sia quella del «pronto moda», egualmente stilizzato e griffato, ma più accessibile economicamente.

Fino agli anni Venti del Novecento la moda femminile era stata fondamentalmente francese, mentre l’Inghilterra era stato il riferimento per quella maschile. Questo non implicava che non potessero affermarsi l’idea e il progetto di una «moda italiana».

Oltre alle ideologie nazionaliste – che pure accompagnarono il «Made in Italy» dal patriottismo del periodo dell’unificazione nazionale all’ideologia autarchica della «moda italiana» del Ventennio Fascista (i Saloni di Torino, l’Ente Nazionale Moda del 1935) – va evidenziato il cambiamento intervenuto nell’ambito delle arti. Un cambiamento che si sarebbe riverberato sul percorso evolutivo delle sartorie, delle modiste e dei magazzini di abbigliamento italiani.

Durante l’età di passaggio dall’800 al ‘900, disegno, pittura e scultura si erano allontanati dal classicismo e dal tradizionalismo. Per influsso dell’impressionismo, del fauvismo, dell’arte giapponese, si cominciò a disegnare in modo nuovo: più essenziale, lineare, comunicativo. Anche il cromatismo cambiò: divenne suggestivo, psicologico, «scioccante».

Si passò da un’arte che richiedeva che il pubblico andasse «verso le opere», ad un’arte le cui opere andavano «verso il pubblico». I mezzi di comunicazione della stampa, della fotografia e del cinema – come pure la musica e la danza – diedero impulso alla nuova dimensione «estetica» dell’abbigliamento nella società metropolitana e di massa.

Si praticò un’arte funzionale alla stampa e alla riproduzione meccanica dei suoi soggetti: un’arte idonea al manichino, alla ballerina, al Look della Diva del cinema, piuttosto che alla statua marmorea o al bronzo sul piedistallo. 

Adolfo Busi, La Moda, 12-27 aprile Fiera di Milano, 1915-1920. Direzione regionale Musei Veneto. Museo nazionale Collezione Salce, Treviso

Altro elemento decisivo del fenomeno della «moda» fu l’affermarsi dei «grandi magazzini», tipici della Seconda rivoluzione industriale. Si creò una dimensione commerciale dell’«immagine corporea», finalizzata al «consumo» dell’abbigliamento e dei suoi accessori. Si cercò di costruire e quindi di catturare e di fidelizzare la clientela introducendola alla fruizione dei vari Brand della moda.

I manifesti pubblicitari, le illustrazioni delle riviste e i cataloghi – dalla fine dell’800 agli anni ’50 del Novecento – costruirono nella mente dei passanti e dei consumatori modelli di abbigliamento e nuovi modi di partecipazione alla vita in società. L’abbigliamento diventò una forma di rappresentazione della propria identità all’interno delle relazioni sociali. Una forma di massificazione ottenuta mediante la soddisfazione dei «gusti personali».

Luciano Bonacini, Impera …  è il sandalo che fa per voi!, 1938-1939. Direzione regionale Musei Veneto. Museo nazionale Collezione Salce, Treviso

Nella mostra di Parma si vedono 100 grandi manifesti restaurati per l’occasione e non più esposti al pubblico dal tempo della loro realizzazione. In particolare vengono documentati due esempi di convergenza fra il mondo dei tessuti e della sartoria e le attività artistiche. La linea di comunicazione pubblicitaria dei “Magazzini Mele” di Napoli, che iniziò nel 1889 e proseguì fino al secondo decennio del XX secolo, e la linea de “La Rinascente” di Milano, che ebbe addirittura Marcello Dudovich (1878 – 1962) – pittore, disegnatore, pubblicitario – come «direttore artistico» dal 1921 al 1956, alla stregua di un Teatro dell’Opera.

Enrico Sacchetti, E.& A. Mele & C.i, Napoli. Novità estive Esposizione, 1900-1903. Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli

Si intende bene che il rapporto fra la Moda e la Pubblicità non sarebbe stato realizzabile senza l’intermediazione di linguaggi artistici profondamente rinnovati. Uscendo dal romanticismo delle soffitte e dalla vita scapigliata delle cantine e delle osterie gli artisti avevano cominciato a lavorare per il mondo dello spettacolo e della pubblicità.

Con il «Grande magazzino», la clientela entrava in edifici lussuosi e accoglienti – progettati e allestiti da architetti di grido – che traboccavano di merci e in cui era possibile scegliere liberamente. Lì si trovavano, accanto all’abito su misura, anche il prêt-à-porter, in modo che ciascuno, sulla base delle proprie alle disponibilità, potesse comporre il suo «guardaroba» o il suo «corredo».

Lo sviluppo dei nuovi centri del consumo – supportati da una adeguata pubblicizzazione e simbolizzazione – avrebbe sostituito per scala, per dimensione e per velocità di rinnovamento delle merci, le tradizionali botteghe dei sarti e delle modiste dove si disegnava e cuciva l’abito «su misura» o si acquista il cappellino «esclusivo».

Ogni esercizio commerciale adottava un logo originale e studiava una propria strategia promozionale. La pubblicizzazione iniziava dentro le vetrine dei Grandi magazzini e proseguiva sui manifesti, nei cataloghi, nelle cartoline illustrate, sui dépliant, con le inserzioni nei giornali.

Achille Luciano Mauzan, La Rinascente inaugura i suoi magazzini, 1917, cromolitografia su cartone, 194  x 1395 cm. Museo Nazionale Collezione Salce Treviso

La mostra civetta anche con il «femminismo» storico, collegando – agli inizi del Novecento – le lotte per la conquista dei diritti e di una maggiore indipendenza delle donne con i cambiamenti della moda: la lunghezza delle gonne, il taglio dei capelli, i gesti e il linguaggio del corpo.

Si trattò della sostituzione di una «immagine» statica e tradizionale della donna con un altro tipo di «immagine» femminile: più dinamica, affermativa, intraprendente, seduttiva. Ma anche impastata di umori cangianti, di capricci e di sogni.

Giulio de MARTINO   Roma 11 Settembre 2022

LA MOSTRA

MODA E PUBBLICITÁ IN ITALIA. 1850-1950

A cura di Dario Cimorelli, Eugenia Paulicelli, Stefano Roffi.

Fondazione Magnani-Rocca, via Fondazione Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma). Dal 10 settembre all’11 dicembre 2022. Orari: dal martedì al venerdì 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) – sabato, domenica e festivi 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto anche 1° novembre e 8 dicembre. Lunedì chiuso (aperto lunedì 31 ottobre).

Catalogo Edito da Silvana Editoriale, con saggi di Dario Cimorelli, Ali Filippini, Eugenia Paulicelli, Stefano Roffi.

La mostra è stata realizzata grazie alla collaborazione della Direzione Regionale Musei Veneto, del Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso, della Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” – Castello Sforzesco – Milano, e del Museo e Real Bosco di Capodimonte e con il contributo di Fondazione Cariparma e Crédit Agricole Italia