Dal 26 gennaio a Parma un viaggio nelle tradizioni del mondo. “I vestiti raccontano la vita dei popoli”

di Eleonora PERSICHETTI

Parma è la Capitale Italiana della Cultura 2020 e come tale ospiterà, dal 26 gennaio al 31 dicembre dell’anno 2020, Museo d’Arte Cinese ed Etnografico della città ducale, una mostra temporanea che ripercorre, attraverso abbigliamento, ornamenti e accessori, un viaggio nelle tradizioni del mondo, a partire dalla cultura cinese. Da sempre i vestiti raccontano la vita dei popoli. Grazie all’abbigliamento e agli ornamenti è facile intuire, in qualsiasi popolo, l’appartenenza a una tribù, uno stato sociale, un’etnia. L’abbigliamento è una vera e propria forma di comunicazione codificata e facilmente interpretabile a livello sociale.

Il Museo d’Arte Cinese di Parma, voluto nel 1901 dal fondatore dei missionari saveriani e grande visionario Guido Maria Conforti (allora vescovo di Parma) proclamato santo nel 2011, rappresenta un contenitore artistico e documentario di eccezionale importanza. Per alcuni decenni i Saveriani operarono esclusivamente sul territorio cinese e fu proprio ai missionari presenti in Cina che il Conforti si rivolse, chiedendo loro di inviare periodicamente a Parma oggetti significativi di arte e vita locali. Dagli anni Sessanta il museo si arricchì di materiale di natura etnografica proveniente da altri paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, divenendo testimonianza della vita e cultura di tre continenti. Accanto alla collezione fondante di terrecotte, porcellane, paramenti, statue, dipinti, fotografie, oggettistica varia e monete rare provenienti dall’Estremo Oriente, sono infatti esposti ad esempio oggetti del popolo Kayapò, un piccolo gruppo indio dell’Amazzonia che rappresenta le tante minoranze depositarie di un immenso bagaglio di valori.

Un allestimento moderno e ricco di iniziative dove si tengono periodicamente mostre temporanee come questa sulleMode nel mondo: i vestiti raccontano la vita dei popoli” ed eventi di ampio respiro culturale. Ma perché proprio la Cina?

Cina abito liturgico taoista prima metà Ottocento mr

È lì che nacquero il lusso e la moda. Come un atlante, ogni sala rappresenterà una tradizione tessile e di moda. Ci saranno, dalla Cina, abiti liturgici della tradizione taoista: Gipao (l’abito tradizionale femminile), e Fengguo, nati per difendersi dal vento delle steppe, accompagnati da ricchi abiti di corte.

Sono presenti in esposizione anche le calzature femminili tipiche del grande impero, le scarpette con tacco a zoccolo, oltre all’ornamento nuziale: collare in tubolare a sezione rettangolare la cui faccia superiore rappresenta due draghi (simbolo di fertilità maschile).  Dall’Indonesia, scialli della cultura Batak dell’isola di Sumatra e abiti maschili tradizionali.

Sudan babbucce in cuoio anni Cinquanta

E ancora, dal Giappone, giacche Haori rigorosamente di seta, con gli stemmi di famiglia “mon”, parasole di bambù e carta giapponese dipinta, Kimono femminili e Obi per donne sposate; dal Sudan, zucchetti, scarpe e babbucce tribali; dal Ghana, tessuti cerimoniali in seta della tribù Ashant; dal Burkina Faso un abito tradizionale composto di tunica e pantaloni; dal Bangladesh il Burqa delle donne musulmane bengalesi e parure di gioielli; dal Camerun le collane Kweyma KJella e le cavigliere di alluminio decorate a testa di uccello. Vasto il repertorio proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo.

Giappone parasole in bambù e carta giapponese dipinta primi del Novecento

La mostra ospiterà gli elementi di abbigliamento tradizionale che costituiscono il corredo classico, l’emblema di appartenenza, della misteriosa società “segreta” iniziatica “Bwami”; vestiti e paramenti di maschi e femmine che hanno raggiunto il massimo grado dell’associazione, “lutumbo lwa Kindi” e “Kanyamwa”. Ci saranno i copricapo maschili nkumbu e sawamazembe, i muzombolo femminili, decorati con piume e bottoni, fasce decorate con le conchiglie – moneta conosciute come Cauri, gonnellini in fibra vegetale, bandoliere mukoma, fasce pettorali (guai a chiamarle reggiseni) e diademi.

Infine, l’angolo dedicato alle popolazioni amazzoniche: non mancherà nulla del corredo  decorativo del popolo Kayapò, in un meraviglioso profluvio di piume e tessuti vegetali.

Eleonora PERSICHETTI     Roma  30 dicembre 2019