di M. Lucrezia VICINI
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore,1488/1490-Venezia,1576)
Ritratto di musicista olio / tela. 99 X 82 INV.: N.153 Collocazione: Seconda sala
Esposizioni: L’Anima e il Volto. Ritratto e fisiognomica da Leonardo a Bacon- Milano Palazzo reale 30 ottobre 1998-14 marzo 1999
– Robert Mapplethorpe, un fotografo tra l’antico e il moderno, Torino, Palazzo della Promotrice delle Belle Art, 8 ottobre 2005-2 gennaio 2006
Titien le Pouvoir in face- Paris, Miseé du Luxembourg 13 settembre 2006-21 gennaio 2007
Da Tiziano a Pietro da Cortona. Il sacro, il mito, la poesia, Atene, Museo d’Arte Cicladica, 20 settembre -20 dicembre 2008
Matteo Ricci. Incontro di Civiltà nella Cina dei Ming – Pechino Capital Museum 6 febbraio-20 marzo 2010
Il dipinto, di incerta provenienza, dovrebbe essere entrato a far parte della Collezione Spada in epoca sette-ottocentesca se, sia pure con la diversa attribuzione ad Anton Van Dyck, è possibile identificarlo per la prima volta nel Fidecommesso del 1823 e descritto tra le opere della terza Sala del Museo, come Ritratto di suonatore di violoncello, di Vandyck( 1).
Probabilmente si tratta dello stesso dipinto in ‘tela d’Imperatore scarso con cornice dorata liscia‘ che nel precedente inventario generale dei beni mobili della famiglia Spada del 1759 è ricordato nello stesso ambiente come Ritratto opera del Tiziano, scudi 70 2). Sempre in terza Sala, dove è rimasto esposto fino al 1951, quando Federico Zeri, in occasione del riassetto del Museo per la sua riapertura al pubblico lo trasferì nella seconda, nella quale è tuttora visibile, lo ritroviamo elencato nell’appendice al Fidecommesso del 1862, così menzionato: Ritratto con violoncello, Tiziano, scudi 550 (3). Il riferimento al pittore sussiste ancora nella ricognizione inventariale del 1925 dell’avvocato Pietro Poncini, amministratore degli Spada e nella coeva stima di Hermanin che valuta lire 100.000 (4).
L’attribuzione dell’opera a Tiziano si è rivelata nel corso del tempo piuttosto controversa. Lo stato di precarietà dovuto alla sua condizione di quadro non finito, peraltro compromesso da errati restauri eseguiti in passato, non ha favorito una oggettiva valutazione critica, semmai rimasta sospesa tra Giorgione e Tiziano, senza però che il dipinto comparisse regolarmente nei cataloghi dell’uno o dell’altro pittore redatti fino al dopoguerra.
Avanzata dal Vasi (5) che intitola l’opera Ritratto con i guanti, l’attribuzione a Tiziano è sostenuta dal Barbier de Montault ( 6) e messa in dubbio da Frizzoni (7) che sottolinea forti accenti giorgioneschi.
Cavalcaselle e Crowe (8), seguiti da Cantalamessa (9) e da Porcella (10), forse influenzati dalle lettere “CA” riportate sul parapetto, interpretate come la versione latina del cognome Battista Ceciliano (Caecilianus), si orientano in via più diretta verso figlio del pittore, Orazio Vecellio, individuando nel personaggio effigiato Battista Ceciliano, un suonatore di violino che il Vecellio aveva effettivamente ritratto dopo il 1546 in un dipinto visto dal Vasari. Secondo il Vasari infatti Orazio Vecellio avrebbe accompagnato il padre in un viaggio a Roma e qui avrebbe dipinto il ritratto di Messere Battista Ceciliano, eccellente suonatore di violino; che fu un’ opera eccellente (11).
La tesi è confutata da von Hadeln (12), che restituisce il dipinto al periodo giovanile di Tiziano, da Pallucchini (13) e Zeri (14), sia per la qualità, troppo alta se rapportata allo stile di Vecellio figlio, che per la datazione troppo tarda, per loro invece compresa tra il 1515 e il 1520.
Dopo altra assegnazione a Palma il Vecchio, respinta però da Spahn (15), da parte di Fiocco (16), che confronta il dipinto con un Ritratto virile della Collezione Benson di Londra, e col cosiddetto Ariosto della National Gallery di Londra, e a Giorgione da parte di Hermanin (17), già favorevole a Tiziano, e che ora assimila l’opera al Concerto campestre della Galleria Pitti a Firenze, e vede somiglianze del personaggio effigiato sia con Albrecht Durer che con il cosiddetto Marcantonio Raimondi della Cacciata di Eliodoro di Raffaello, l’opera viene inserita da Suida (18) nel catalogo di Tiziano, tra i ritratti seguiti nel periodo 1515-1517, insieme al Giovane in pelliccia di New York (Frick Collection) e al Giovane col berretto rosso di Francoforte (Stadelsches Kunstinstitut).


Anche Longhi (19) si pronuncia a favore di Tiziano, e reputa il dipinto, che data al 1520, mai finito e guasto da una pulitura. Zeri (20), concordando con lo studioso, cita prossimi al dipinto, Il Ritratto Altman nel Metropolitan Museum di New York e il Ludovico Ariosto della National Gallery di Londra, ugualmente trattati da Tiziano con libertà ed immediatezza. Inoltre ribadisce il suo stato di incompiutezza, senza la rifinitura delle velature, come si è avuto modo di accertare in fase dell’ultimo restauro avvenuto nel 1980.
Nel 1955, nella mostra intitolata a Giorgione a Venezia il dipinto è esposto come autografo di Tiziano (21). Ma l’autografia non pone fine al dibattito attributivo. Tra i vari riferimenti a Tiziano (22), si insinua il dubbio di Dussler (23) che l’opera sia del pittore e infine il rifiuto di Wethey(24), fino a quando il dipinto nel 1998 non ricompare nella mostra di Milano intitolata L’Anima e il Volto, con la definitiva assegnazione al pittore (25) (Santolino, 1998, pp. 77-78).
Anche dal punto di vista della datazione, l’ipotesi corrente facente capo a Zeri e ai citati studiosi che lo hanno preceduto è che sia stato realizzato tra il 1515 e il 1520. Santangelo (26) propone il 1525 circa. Il Morassi (27) che in un primo tempo pensava pure lui che fosse degli anni 1520-1525, si allinea al 1515-1518, mentre Zampetti (28) anticipa al periodo 1510-1515. Pallucchini(29) fissa con più precisione la data al 1516, per somiglianze stilistiche che riscontra con il Cavaliere di Malta degli Uffizi, di derivazione ancora giorgionesca e con altri ritratti del pittore dello stesso momento, tra cui il Giovane in pelliccia della Collezione Frick, già citato da Zeri e il Giovane col cappello di piume di Petworth House.
Il restauro eseguito nel 1980, oltre a restituire al dipinto un aspetto dignitoso, ha potuto sancire lo stato di incompiutezza e abbozzo, rilevato in primo luogo da Cavalcaselle (30) e confermato da Zeri, che nella scheda di catalogo del 1954, così ne descrive lo stato di conservazione :
.”.il dipinto non è mai stato portato a compimento, e non ha mai avuto le ultime velature. Una incauta e disordinata pulitura, eseguita verso il 1931-1933, ha rimosso le antiche vernici nella parte superiore della figura, lasciando invece inalterato il rimanente. Nella stessa occasione è stato guastato il pigmento cromatico del volto e dei capelli; il danno è stato ricoperto con grossolane ridipinture, che risultano in modo evidente”.
Con il restauro è stato anche definito il carattere apocrifo delle lettere “C A” contrassegnate sul parapetto.
Raffigurato di spalle, il personaggio si caratterizza per l’intensità dello sguardo e per la romantica espressione del volto illuminato, animato dalla sottile barba fluente e dai lunghi capelli ondulati. Soluzioni disinvolte che rimandano ad altri mirabili ritratti della fase giovanile giorgionesca del pittore, già considerati da Pallucchini (31), eseguiti con la stessa libertà di linguaggio e guidati da una attenta ricerca psicologica.
Al Giorgione, Tiziano si accosta subito dopo essersi formato nella scuola di Gentile e Giovanni Bellini collaborando con lui nei perduti affreschi del Fondaco dei tedeschi a Rialto. In quel periodo della sua lunga attività elabora il tonalismo del maestro in più ricche ed accese gamme cromatiche che manifesta già nella iniziale ricca produzione fatta di capolavori, tra cui i citati ritratti e l’Amore sacro e l’Amore profano della Galleria Borghese del 1515-1516, le cui mani guantate della protagonista ricordano la mano che il nostro musicista poggia sullo spartito. Tra gli esemplari giorgioneschi che sono stati determinanti nella conduzione di queste opere si può aggiungere il Ritratto che volta le spalle allo spettatore meglio conosciuto come Ritratto di giovane della Alte Pinakothek di Monaco (32).
Maria Lucrezia VICINI Roma 12 Gennaio 20256
NOTE