“Cretae Pictae. Maioliche di Gerace per i Cavalieri di Malta”. Arte, storia e cultura di un territorio tra tardo Rinascimento e barocco (fino al 22 0ttobre)

redazione

La mostra “Cretae Pictae. Maioliche di Gerace per i Cavalieri di Malta”, a cura di Sante Guido e Alfredo Ruga, aperta dal 21 luglio al 2 ottobre presso la cittadella vescovile di Gerace, è un progetto ideato da Giuseppe Mantella e dall’Associazione Arte e Fede e ed è promossa dalla Diocesi di Locri-Gerace, dal Comune di Gerace, dalla Deputazione della cittadella vescovile di Gerace e da Heritage Malta.

L’Associazione Arte e Fede attiva da sette anni sul territorio, promuove con la sostanziale attività di molti giovani studenti e ricercatori provenienti da diverse università italiane numerose iniziative culturali, volta alla conoscenza e alla riscoperta della ricchezza e delle peculiarità del territorio geracese e dell’intera diocesi di Locri e Gerace. In particolare, questa esposizione vuole porre l’attenzione su un certo periodo della storia di Gerace: il tardo periodo rinascimentale e la prima età barocca, durante il quale la cittadina diviene attraverso le sue botteghe centro produttivo di ceramiche di altissima espressività artistica, dallo stile unico ed originale tale da raggiungere anche terre più lontane.

Maioliche di Gerace per i Cavalieri di Malta”
MAIOLICHE DI GERACE PER I CAVALIERI DI MALTA
MAJOLICA FROM GERACE FOR THE KNIGHTS OF MALTA

Diocesi di Locri-Gerace. Comune di Gerace
ASSOCIAZIONE MINISTERO DELLA CULTURA
Segretariato Regionale del Ministero della Cultura per la Calabria
MINISTERO DELLA CULTURA Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia
THE EPISCOPAL CITADEL OF GERACE

S.E.R. Mons Francesco Oliva. Vescovo diocesi Locri-Gerace
Sua Eccellenza Carmel Vassallo. Ambasciatore di Malta presso la Repubblica d’Italia
Carmen Barbalace. Dirigente Regione Calabria, Dipartimento Sviluppo Economico ed attrattori culturali
Salvatore Patamia. Già direttore segretariato regionale Mic Calabria
Salvatore Galluzzo. Assessore alla cultura del comune di Gerace
Kenneth Cassar. Senior curator Museo Nazionale di Malta -Muza – Heritage Malta
Barone Arturo Nesci di Sant’Agata. Vice delegato di Reggio Calabria dell’Ordine Sovrano di Malta
Don Fabrizio Cotardo. Direttore ufficio tecnico diocesano e per i beni culturali ecclesiastici – Diocesi Locri – Gerace
Giuseppe Mantella. Presidente associazione Arte e Fede e Direttore deputazione Cittadella Vescovile di Gerace
Alfredo Ruga. Curatore della Mostra; Funzionario Archeologo SABAP Reggio Calabria e Vibo Valentia
Sante Guido. Curatore della Mostra; Storico e Conservatore di Opere d’arte

PANNELLO 1:

La mostra CRETAE PICTAE. MAIOLICHE DI GERACE PER I CAVALIERI DI MALTA

La lavorazione dell’argilla e la produzione di ceramiche sono attività che da secoli contraddistinguono alcune città d’Italia e di Europa, tra le quali si deve annoverare Gerace, la cui fama è nota solo a pochi addetti ai lavori.

Gerace, infatti, vanta un’antica tradizione di lavorazione di ceramiche, collocandosi come importante centro di produzione fin dalla sua fondazione nel VII secolo d.C. e per tutto il medioevo e l’età moderna (XVII e XVIII secolo), periodo in cui raggiunse il massimo della notorietà. Alcuni ceramisti sono attivi tutt’oggi e perpetuano una gloriosa produzione.

Le testimonianze artistiche, come è noto, permettono di ricostruire la millenaria storia delle città, come nel caso di Gerace, poiché attraverso di esse si ripercorre con uno sguardo attento, la vita delle genti che vi abitarono, così come lo sviluppo e le trasformazioni del territorio.

Questa mostra, intende accendere l’attenzione su un periodo della storia di Gerace – il tardo periodo rinascimentale e la prima età barocca – quale centro produttivo di ceramiche di altissima espressività artistica dallo stile, per certi versi, unico ed originale.

Le forme delle ceramiche e le decorazioni cambiarono nei secoli seguendo le trasformazioni di gusto che contraddistinsero il coevo panorama artistico. Caso di particolare interesse è il periodo rinascimentale durante il quale le stampe di celebri opere d’arte – dipinti, interi cicli decorativi e sculture – iniziano a viaggiare per tutta Italia, diffondendo le novità artistiche in territori lontani, influenzando così i locali linguaggi artistici. Un fenomeno che si riscontra anche nella produzione di ceramiche che acquisiscono, di conseguenza, una valenza non più prettamente d’uso ma artistica.

Valga tra i molti possibili, l’esempio delle splendide maioliche di Deruta, in Umbria, sulle quali vennero riprodotti celeberrimi dipinti di Raffaello; così in ben più piccoli centri produttivi risuonarono le scelte stilistiche delle più grandi scuole artistiche di Europa (Venezia, Napoli, Urbino, Spagna, Francia). In molti casi gli esempi a noi giunti attestano, inoltre, come tali influssi abbiano generato linguaggi autonomi, nella declinazione delle tradizioni locali rinnovate da stilemi esterni. È questo il caso delle maioliche geracesi, qui esposte per la prima volta dopo circa quattro secoli nel luogo di produzione.

Ancor più nello specifico, oltre ad attestare l’estremo gusto e la qualità delle maioliche prodotte a Gerace, le undici opere in esposizione raccontano di un importante tassello della storia cittadina, attestando il successo dei maestri vasai geracesi ai quali vennero commissionate decine e decine di manufatti da inviarsi oltre i confini calabresi per importanti personalità del contesto politico-geografico, come il Sovrano Militare Ordine di Malta. Su più esemplari in mostra compare, infatti, lo stemma del Gran Maestro Alof di Wignacourt, capo del governo e della potentissima flotta maltese dal 1601 al 1622, nonché protagonista di importanti eventi storici in stretta relazione con la Roma dei Papi e i sovrani del resto d’Europa.

Maioliche Gerace

Preme ricordarne il celebre ritratto del Gran Maestro Alof di Wignacourt che Caravaggio dipinse a Malta nel 1608, oggi al museo del Louvre a Parigi.

La mostra, Cretae Pictae. Maioliche di Gerace per i Cavalieri di Malta, è parte del progetto “Arte e Fede nella Cittadella vescovile di Gerace” che, da sette anni, con la sostanziale attività di molti giovani studenti e ricercatori provenienti da diverse università italiane, promuove numerose iniziative culturali volte alla conoscenza e alla riscoperta della ricchezza e delle peculiarità del territorio geracese e dell’intera diocesi di Locri e Gerace, parte della città metropolitana di Reggio Calabria.

PANNELLO 2:

Cenni storici sulla produzione ceramica geracese e il suo stile

Documenti ed opere attestano la lavorazione della ceramica nella terra geracese con la presenza di numerose botteghe in età medievale e fino all’età aragonese. La produzione ceramica nel XVI secolo sembra, invece, da attribuirsi più nello specifico alla presenza di una comunità ebraica che gestì tale attività[1].

Le trascrizioni dei “Capitoli” dell’Università di Gerace, che venivano presentati dalla città al duca Consalvo di Cordova nel 1501, rappresentano una testimonianza importante per comprendere l’evoluzione della produzione ceramica cittadina. Il Capitolo 42, ad esempio, ricorda l’attività degli “argagnari”, che solevano accendere fuochi sia in estate che in inverno per la cottura della ceramica all’interno della città, cosa che risultava essere problematica per la diffusione di incendi nelle stesse abitazioni. A tal ragione, nelle trascrizioni del Capitolo si legge della richiesta di spostare i forni presso il piano di Santa Maria la Nova[2] (attuale Largo Piana), lontano quindi dal centro abitato. Questa annotazione archivistica attesta, quindi, l’intenso sviluppo dell’attività di ceramiche, per la quale si manifestò necessario realizzare un quartiere apposito fuori le mura. Si comprende, inoltre, come nel Cinquecento il lavoro dei cosiddetti “argagnari” fosse di primaria importanza per l’economia cittadina.

Maioliche Gerace

Lo stile che contraddistingue le ceramiche geracesi tra il Cinquecento e il Settecento è il risultato dell’incontro dell’influenza veneziana e di quella ligure; due tipologie di decorazione che vengono riprese dai locali ceramisti per dar vita ad un linguaggio figurativo caratterizzato dalla gioiosità del colore, dai ritratti di donne e uomini spesso di  profilo e dallo spiccato intento caricaturale,  definiti con un tono bruno quasi azzurrino, dal modo di usare alcune tonalità in modo meno incisivo rispetto al fare veneto.

L’influenza della produzione ceramica ligure, caratterizzata soprattutto dal decoro in blu, arrivò a Gerace con la nobile famiglia di origini genovesi dei Grimaldi, feudatari dal 1574 al 1806. La produzione e la qualità della ceramica geracese compì un grande salto qualitativo, ponendosi senza provincialismo a confronto sia con la ceramica partenopea che con quella veneta. Il potenziamento delle strutture e l’attenzione posta alla produzione locale dal 1617 indussero ad attirare in città importanti maestri da Nicastro, altro vivo centro di ceramica calabrese sulla costa tirrenica, i quali introdussero nuova linfa vitale alla produzione locale. Grazie a tali contaminazioni la decorazione delle ceramiche di Gerace si fece molto ricca e in stretto dialogo con la coeva e celebre produzione napoletana. Si realizzarono così decorazioni dai vivaci motivi vegetali, una tra tutte le bellissime carnose foglie d’acanto che definiscono l’ornato a motivi floreali, scelto per incorniciare i medaglioni con i profili di donne e uomini.

Il modo di rappresentare le forme vegetali trova inoltre echi nella ceramica di Messina che aveva risentito dell’influenza dell’allievo di Raffaello, Polidoro da Caravaggio, il quale dopo il Sacco di Roma del 1527, si trasferì nella città siciliana diffondendo il gusto per la decorazione a girali e per le grottesche che tanto successo aveva avuto a Roma e che, con entusiasmo, venne accolto anche nel meridione.

PANNELLO 3:

Cenni sui maestri attivi a Gerace

Alcuni atti notarili del Seicento attestano della vivace produzione di ceramiche di Gerace, riferendo i nomi dei maestri vasai attivi in città.

È quindi possibile citare il maestro Bartolomeo Amellino, con fornace in località Radicena, e il suo allievo Ercole di Galatro[3]; un tale maestro Gio; il maestro Domenico Cama che nel 1601 assunse per tre anni come aiutante di bottega, Giuseppe Remualdo. In particolare, i documenti relativi alla bottega di Domenico Cama sono una viva testimonianza della produzione sia di semplice vasellame bianco da tavola, ma anche di maioliche policrome di maggior rilievo.

Tra i vari nomi possibili sono comunque due i maestri che emergono in questo panorama in modo più incisivo: Jacopo Cefali e Giuseppe Piraina al quale si affiancherà il figlio, Geronimo, pittore più che ceramista.

Il nome di Jacopo Cefali di Grazie è stato rintracciato su una boccia – grande vaso sferico – sulla quale si legge che era originario di Nicastro e attivo a Gerace nel 1617. Ancor di più, una iscrizione attesta che un secondo esemplare prodotto nella stessa bottega fosse caratterizzato da una decorazione dipinta da Giuseppe Piraina, permettendo di dedurre dunque che Cefali fosse il capo bottega-vasaio coadiuvato da un ceramista specializzato in pittura.

Nonostante il suo dipingere fosse veloce, con un sentore di “non finito”, l’intento di Piraina è assolutamente ritrattistico e caratterizzante ogni singolo volto. Maestro anche nell’uso del colore, egli riuscì a realizzare suggestive composizioni grazie alla vividezza della tavolozza, modulata da una sfumatura che ne rende impercettibile la gradazione. La produzione di maiolica della fabbrica di Cefali, che affonda le sue radici nello stile veneziano, si distingue da quest’ultimo soprattutto per l’uso delle tonalità squillanti, ponendo quindi le distanze tanto dai veneti quanto dai coevi maestri siciliani, introducendo accanto all’uso di gialli e blu accesi, una maggiore componente di verde ramina accordato ad un arancione sfumato.

PANNELLO 4:

Le ceramiche per i cavalieri dell’Ordine di Malta

Le maioliche qui presentate furono realizzate come vasi da farmacia per la Sacra Infermeria, l’ospedale fondato dai cavalieri ospedalieri di San Giovanni Battista appena giunti a Malta nel 1530.

Tre sono le tipologie di vasi qui esposti: l’albarello, la bottiglia e la bombola.

L’albarello è caratterizzato da una forma cilindrica e da una bocca stretta; era utilizzato per contenere sostanze medicinali prevalentemente solide o semi-solide come gli unguenti.

La bottiglia presenta una base rigonfia sormontata da un collo lungo e stretto, atta a contenere soluzioni liquide come macerati e decotti.

La bombola è caratterizzata da una forma sferica molto ampia ed era utilizzata per contenere principalmente foglie essiccate e radici.

Tutti gli esemplari sono caratterizzati da un’accesa policromia atta a definire i motivi floreali e i ritratti inseriti all’interno di medaglioni, dipinti con il solo intento decorativo, che nulla hanno in relazione a quanto fosse contenuto nel vaso.

Si possono osservare ritratti di donne vestite con ricchi abiti; di uomini, giovani o anziani, talvolta barbuti, soventemente vestiti con un elmetto, con un turbante o un cappello.

Più rare, invece, sono le immagini che figurano su due ceramiche distinte: la figura di un vescovo seduto davanti ad uno scrittoio sul quale arde una candela mentre regge tra le mani un foglio scritto e quella di una donna nuda che offre la sua veste.

Tre esemplari presentano sul fronte lo stemma del Gran Maestro di Wignacourt e sul retro soggetti diversi: nel primo caso troviamo una ricca decorazione floreale dai colori molto vivaci; nel secondo un ritratto di una donna con il seno scoperto e, nell’ultimo caso, il ritratto di un giovane uomo con cappello.

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1 – I cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta

Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta nacque nell’Undicesimo secolo, in Terra Santa, quando alcuni mercanti della repubblica marinara di Amalfi ottennero il permesso di costruire a Gerusalemme una chiesa, un convento e un ospedale per assistere i pellegrini. Nel 1113, sotto la guida del fondatore, il beato Fra’ Gerardo, papa Pasquale II riconobbe ufficialmente tale comunità come ordine religioso laicale, ponendolo così sotto la protezione della Chiesa di Roma.

I cavalieri e le dame membri dell’Ordine di Malta, che un tempo dovevano appartenere al solo ceto aristocratico, oggi devono assolvere a esempio di nobiltà di spirito e di comportamento e impegnarsi, ora come allora, a rimanere fedeli ai principi ispiratori dell’Ordine, riassunti in tre azioni: alimentare e difendere i poveri, gli ammalati e testimoniare la fede cristiana.

Tre sono i gradi nei quali si dividono gli appartenenti all’Ordine: al primo appartengono i Cavalieri di Giustizia ai quali spetta la professione dei voti di povertà, castità ed obbedienza, divenendo dei monaci a tutti gli effetti, ma non obbligati ad una vita comunitaria. Al secondo ceto appartengono coloro che, emettendo la cosiddetta “promessa”, scelgono di vivere seguendo i precetti cristiani e dell’Ordine e vengono divisi a loro volta in tre categorie. Al terzo ceto appartengono tutti i membri laici che non emettono i voti né la promessa, ma vivono seguendo i dettami della Chiesa e dell’Ordine, venendo divisi anch’essi in tre categorie.

Dal 1834 l’Ordine ha sede a Roma, ove risiede il gran maestro, presso il Palazzo Magistrale di via dei Condotti o presso la Villa Magistrale sul colle Aventino. L’Ordine di Malta gode dell’autonomia di uno Stato sovrano e ha propria diplomazia presso l’ONU e centinaia di paesi esteri dove gestisce progetti medici, sociali ed umanitari. I suoi 13.500 membri, 95.000 volontari permanenti e personale qualificato composto da 52.000 professionisti formano una rete efficiente che include aiuti di emergenza per i profughi e gli sfollati che vivono in condizioni di guerra e conflitto, inoltre svolgono interventi in aree colpite da disastri naturali supportando le popolazioni con ospedali, assistenza medica e servizi sociali. I programmi di aiuto, gestiti in modo autonomo e all’interno di una rete di accordi di cooperazione con governi e agenzie internazionali, sono attualmente sviluppati in 120 Paesi.

2 – Il Gran Maestro Alof di Wignacourt e il suo stemma

“Governò con tanta gloria del suo nome la Religione Fra ALOF DE WIGNACOURT francese, eletto nel 1602 al Magistero, che oltre alla stima di tutti i Principi Cristiani, meritò che l’Imperatore Ferdinando II l’onorasse del titolo di SERENISSIMO, e Clemente VIII con particolar Breve l’encomiasse. Quanto egli facesse per giungere a sì alto grado d’onori, dicono le gloriose conquiste della Città di Maometta e di Corinto, del Castel Tornese, di Lepanto e di Patrasso fatte dalle Galee di Malta colla sua prudente direzione e condotta. Aggiungasi a ciò il Monte della Redenzione degli schiavi e il Magistrato degli armamenti da lui instituiti; la fondazione d’un insigne Collegiata nella Grotta di S. Paolo; la fabbrica di cinque fortezze in diverse parti dell’Isola; e l’opera meravigliosa di lunghissimi acquedotti per condurre l’acqua nella città Valletta. Tentò Acmet I Gran Turco con sessanta Galee e collo sbarco di molte truppe l’impresa di Malta, ma dal coraggio dei Cavalieri e dal maturo consiglio del Gran Maestro fu vergognosamente respinto. Fu egli il primo , che come mastro dell’Ordine Militare del Santo Sepolcro, adoperasse questo glorioso titolo ne pubblici scritti e usato poi sempre dai suoi successori. Visse nel Magistero ventun’anno, sette mesi e quattro giorni e quanto fu amato in vita altrettanto fu pianto in morte, che seguì nel 1622”

(Testo agiografico desunto da una stampa della fine Del XVIII secolo).

Alcune ceramiche in mostra presentano sul fronte, racchiuso in un medaglione, lo stemma del Gran Maestro Alof di Wignacourt caratterizzato da una divisione in quattro campi nei quali sono inseriti, in due casi, la croce simbolo dell’Ordine e, negli altri due, tre corone gigliate quale blasone della antica famiglia francese dei Wignacourt.

3 – La farmacia dell’Ordine di Malta:

La pratica della farmacia, a Malta come in tanti altri luoghi, ancora nell’età rinascimentale e barocca, si basava sulle tradizioni arabo-elleniche divulgate dalla Scuola Medica Salernitana. Pertanto le sostanze utilizzate erano costituite principalmente da componenti vegetali e in parte minore da sostanze minerali ed animali che venivano conservate in appositi contenitori in ceramica o in altri materiali.

Con l’arrivo dei Cavalieri dell’Ordine di Malta sulle isole, nel 1530 fu immediatamente fondato un ospedale, la cosiddetta Sacra Infermeria con annessa farmacia, coerentemente ai principi su cui si basa la vita dell’Ordine stesso, al servizio dei poveri e degli ammalati. Per la buona conservazione delle sostanze medicinali vennero commissionate in più riprese e secondo le necessità, centinaia di contenitori in maiolica; tra questi sono gli esemplari esposti in mostra provenienti dal Museo Nazionale di Malta a La Valletta.

Fu altresì introdotta, con l’arrivo dei cavalieri a Malta, la registrazione dei farmacisti locali tramite il superamento di un esame che doveva svolgersi alla presenza delle autorità giudiziarie, dei medici e dei farmacisti appartenenti all’Ordine. Questa decisione, insieme alla presentazione di un regolamento ammnistrativo della farmacia dell’Infermeria dell’Ordine, permise una ottimale gestione e controllo della qualità del servizio.

Il contributo che i medici dell’Ordine di Malta diedero per il progresso della medicina, della chirurgia e della terapeutica farmacologica fu notevolissimo. A loro, infatti, si devono una serie di studi che permisero lo sviluppo di una migliore e più approfondita conoscenza della pratica medica e della farmacopea.

4 – Il Gran Maestro Wignacourt e Caravaggio, pittore cavaliere di Malta

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, sbarcò a Malta nel 1607, fuggendo da Roma a causa della condanna a morte imputatagli in seguito all’omicidio che lo vedeva coinvolto a seguito di una lite avvenuta in Campo Marzio, durante i festeggiamenti dell’anniversario di incoronazione di papa Paolo V.

Sull’isola, sede dei cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, trovò ospitalità e l’opportunità di entrare nell’Ordine anche grazie all’interessamento del gran maestro Alof di Wignacourt, che ne facilitò l’ammissione evitandogli tutte le prove e il servizio richiesto in mare e dandogli la possibilità di dedicarsi totalmente alla pittura.

Tra il 1607 e il 1608, nel periodo di permanenza a Malta, Caravaggio infatti realizzò alcuni capolavori, tra i quali la suggestiva Decollazione di san Giovanni Battista per l’oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri a La Valletta e il ritratto di Alof di Wignacourt. L’opera raffigurante il Gran Maestro è oggi conservata al Louvre.

Wignacourt è ritratto in uniforme, fiero ed austero, insieme ad un giovane paggio – forse su ispirazione dell’opera di Tiziano Allocuzione di Alfonso d’Avalos. La scelta di far realizzare queste due opere a Caravaggio denota la lungimiranza del Gran Maestro che sapeva bene di poter far risuonare in gran parte dell’Europa il prestigio dell’Ordine attraverso la eco delle opere d’arte.

Caravaggio, tuttavia, dopo aver realizzato alcuni dipinti di alto impatto emotivo, a causa del suo comportamento fu nuovamente protagonista di una lite, venne arrestato e rinchiuso nel carcere della città di Birgu, prospicente La Valletta, dal quale poi fuggì per rifugiarsi nella vicina Sicilia. Venne quindi in contumacia espulso dall’Ordine di Malta. Morirà pochi mesi più tardi su una spiaggia toscana sperando di tornare a Roma.

Sante GUIDO

NOTE

[1] G. Donatone, Ceramica antica di Calabria, 1983, 65
[2] Ibidem; C. Trasselli, Lo Stato di Gerace e Terranova nel Cinqucento, 1978, 44.
[3] G. Donatone, Ceramica antica di Calabria, 1983, 66.