Con l’ultima benedizione pasquale Urbi et Orbi papa Francesco “torna nella casa del Padre”.

di Chiara GRAZIANI

Ha salutato il popolo, il popolo riunito in Piazza San Pietro per la Messa di Pasqua, lo ha abbracciato, senza sapere che di congedo si trattava.

Papa Francesco alle 7,45  del 21 aprile, poche ore dopo l’ultimo viaggio sulla papamobile, fendendo la folla dei quarantamila che lo aspettavano, s’è addormentato per entrare nell’eternità che era la sua speranza e quella che additava al mondo.

Pasqua 2025. Benedizione Urbi et Orbi

S’è congedato dal mondo benedicendolo e benedicendo Roma. Non poteva che andarsene così, l’uomo della speranza. Benedicendo, salutando. Dicendo “arrivederci”, così come s’era annunciato come un familiare “fratelli e sorelle, buonasera”, il giorno della sua elezione.

Aveva raccolto una Chiesa disorientata dalla rinuncia del successore, Benedetto XVI, e le aveva impresso un abbrivio che difficilmente potrà essere invertito da chiunque gli succeda: la Chiesa oggi cammina “in uscita”, come amava dire Bergoglio che chiedeva ai pastori ed ai fedeli di farsi “ospedale da campo” per curare le ferite dell’umanità, qualunque fede professasse in qualunque periferia del mondo.

Vuoto, è la parola che ricorre nei messaggi di condoglianze.

Prima di tutte quelle  del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. Ma anche i tempi vogliono dire tanto e tanto dicono del Papa. Fra i primi messaggi, infatti, è arrivato quella  del ministro degli Esteri iraniano, Ismail Baghaei:

“Porgiamo le nostre condoglianze a tutti i cristiani del mondo, a tutti i monoteisti ed ai seguaci delle religioni celesti e chiediamo a Dio la sua pace”.

Parole in cui noi occidentali, noi poco capaci di vedere oltre l’orizzonte dei valori che riteniamo di incarnare con qualche diritto di primogenitura, possiamo vedere come “gli altri”, hanno percepito l’uomo che ci saluta oggi.

Pasqua 2025. Piazza San Pietro

Le condoglianze, che si indirizzano a chi è è ferito direttamente dal lutto, vanno a tutti i monoteisti e quindi ad ebrei, cristiani e musulmani, uniti in un solo dolore per un uomo di “immensa fede e profonda misericordia”, come ha fatto eco da parte sua il presidente di Israele Isaac Herzog.

E  uomo di pace, sottolinea il presidente. Papa Francesco:

“ha dedicato la sua vita al progresso dei poveri, del mondo e della richiesta di pace in un’epoca complessa e turbolenta. Spero che le sue preghiere per la pace in Medio Oriente e per il ritorno degli ostaggi trovino presto risposta”.

Papa Bergoglio, uomo dei ponti e non dei muri, si allontana ricucendo, medicando, lasciando piccoli sentieri aperti nel deserto della guerra che, proprio in queste ore, rialza la voce.

Pasqua 2025. L’ultima benedizione

L’ultimo messaggio è stato proprio contro la “grande follia”, la corsa al riarmo incarnata da un’Europa che non sa che mostri torni a smuovere invocando un ri-armo che la riporta ai tempi che incubarono la Prima guerra mondiale, della quale porta la responsabilità storica.

Sarà ascoltato? Difficile capirlo dai messaggi di condoglianze a tutti i cattolici del volenteroso Macron, della presidente della commissione von der Leyen o della presidente del Parlamento europeo Metsola.

Ci lascia il Papa del Giubileo della Pace e della Fratellanza, ma anche della Cultura e dell’Arte. Di certo Bergoglio ci lascia un appello, un desiderio, una speranza. Una sola umanità, fratelli tutti. In un mondo che, parole sue, butti fuori la guerra dalla storia, prima che la guerra abbia l’ultima parola.

Chiara GRAZIANI  Roma 21 Aprile 2025