PdL
Cecilie Hollberg è una storica e manager culturale; si è insediata alla Galleria dell’Accademia di Firenze due anni fa con la Riforma Franceschini. Ha studiato a Roma, Monaco, Venezia, Trento e Gottingen, dove nel 2001 si è addorata in Storia dell’Arte medievale; è stata funzionaria in alcuni musei tedeschi e dal 2010 Direttore dello Staadtisches Museum di Bruswick; numerose le sue pubblicazioni
D: Dott.sa Hollberg, la mostra Tessuto e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura in corso alla Galleria dell’Accademia di Firenze che lei ha curato personalmente sta ottenendo un grande successo di critica e pubblico, come testimonia la recente visita del principe di Kent e della sua consorte
R: Si tratta effettivamente di un grande evento; guardi la locandina, guardi che bei disegni; mi piace particolarmente l’idea che trasmette questa immagine che esemplifica l’Araba Fenice che risorge sempre dalle ceneri. Ho coinvolto molti esperti, e credo proprio ch si tratti di una mostra di eccellenza per Firenze che è quello cui miro sempre.
D: Come mai lana seta e pittura nel titolo ?
R: E’ evidente ! Tutto quello che vediamo oggi in questa città deriva dai tessuti che ne hanno segnato la storia e promosso la grandezza e il fascino nl mondo, a cominciare dalla lavorazione della lana e poi della seta –di cui i fiorentini avevano il primato- fino a quando si è iniziato a dipingere i tessuti, quando cioè economia ed arte si sono intrecciate segnando la grandezza e la forza di Firenze. Dunque già il titolo sottolinea molte cose e su questa iniziativa, per noi assolutamnte importante, contiamo molto; peraltro la curatela è mia ma non voglio affatto averne il monopolio, anzi abbiamo coinvolto studiosi di fama internazionale e costituito un comitato scientifico di assoluto rilievo, con i maggiori esperti dei vari settori, dalla storia economica al campo dei tessuti, a cominciare dal massimo rappresentante della fondazione svizzera che costituisce l’eccellenza nel restauro dei tessuti; ho anche offerto e richiesto la collaborazione al Museo del tessuto di Prato. Mi preme sottolineare come non ho rilevato contrasti a livello personale, come invece non di rado dobbiamo registrare, nel cammino comune che si è fatto per l’organizzazione o per il catalogo. Mi pare un buon inizio.
D: Questa importante iniziativa possiamo dire che mette un suggello al lavoro che lei sta svolgendo alla Galleria dell’Accademia da quando è entrata in carica; ecco: ormai sono due anni che lei e gli altri suoi colleghi nominati Direttori museali in base alla Riforma Franceschini siete insediati, si può stilare un bilancio –per quel che la riguarda- di cosa non andava e cosa invece ora va?
R: Dal 1° dicembre sono due anni in effetti, ma devo cominciare dal colloquio che ebbi a Roma al momento della nomina perché alla sua domanda posso rispondere con quello che pensai allora, cioè che non ero in grado di fare alcuna promessa se non avessi preso coscienza direttamente della situazione, perché per fare delle previsioni occorre essere dentro le situazioni e studiarle per poter capire ed agire. Una cosa però posso dirle, che forse ho sottovalutato la burocrazia, non mi aspettavo tutti quegli intralci burocratici che mi si sono presentati, ma in ogni caso abbiamo raggiunto molti importanti risultati. A cominciare dalla gestione del quotidiano, che mi ripromisi di stabilizzare entro sei mesi, intanto facendo sparire quella specie di suk che si vedeva all’entrata dell’Accademia e che infatti oggi non c’è più.
D: Che situazione ha trovato ? E come è riuscita, appunto, a gestire il quotidiano ?
R: Questo è uno dei principali musei del mondo, tra i primissimi in Italia per visitatori; dopo il Colosseo e gli Uffizi ci siamo noi, con un milione e mezzo di visitatori all’anno; qui c’è quel capolavoro assoluto che è il David, probabilmente la scultura più conosciuta al mondo che quindi è una specie di biglietto da visita, non solo per Firenze ma per l’Italia tutta. Era improponibile che continuassero quelle situazioni di illegalità addirittura a ridosso dell’ingresso della Galleria: venditori ambulanti, questuanti, addirittura bagarini con in mano i nostri biglietti a prezzi maggiorati. Pensi che bell’accoglienza per i turisti. Devo ringraziare le forze dell’ordine per l’aiuto prestatoci in questa battaglia per fortuna vinta, ma il maggiore compiacimento mi viene dalla soddisfazione che mi esprimono i fiorentini che hanno ripreso a frequentare questa strada, e anche il loro museo.
D: Questo riguardo all’esterno del museo; all’interno invece come se l’è cavata ? E cosa c’è da migliorare?
R: C’è tanto da migliorare, ma prima di tutto mi preme e mi preoccupa l’insufficienza degli spazi, sia per le esposizioni, sia per l’amministrazione, per la gestione quotidiana del museo. Io, come vede, in questo ufficio mi muovo in pochi metri e spessissimo devo liberare questo tavolo per le riunioni anche solo per poter in qualche modo lavorare; quello che vede è tutto qui. Ma poi manchiamo del guardaroba, e questo proprio non va bene perché io voglio che al visitatore che arriva qui rimanga sì l’esperienza di uno straordinario luogo di capolavori e di bellezza, ma anche che non sia costretto a muoversi con impacci per le mani, a lamentarsi per i bagni, o perché non sa dove poggiare le cose che ha.
D: Ed allora come pensa di fare ? In effetti nelle altre interviste che abbiamo realizzato con alcuni suoi colleghi per un primo bilancio della Riforma la questione della gestione è emersa dovunque, collegata al tema della scarsa autonomia.
R: Anche per me si è trattato di dover fare i conti con quelli che sono i limiti dell’autonomia gestionale, che secondo me dev’essere maggiore e più ampia; certamente, non voglio mettere in discussione le prerogative centrali, quanto cioè dipende da Roma, tuttavia io ho cominciato con un organico al di sotto del 40%, aumentato poi al 42% a causa di pensionamenti e mobilità del personale; se consideriamo ad esempio che per legge devo avere in servizio almeno il 30% del personale giornaliero qualora capitasse uno sciopero rischierei seriamente di non poter aprire il museo. Manca anche il personale amministrativo; mi manca in particolare un architetto visti alcuni problemi strutturali da risolvere, c’è anche il problema della climatizzazione; manca un informatico; per quanto riguarda la contabilità ci è stato mandato un esperto che però condividiamo con il Bargello; certo meglio di niente, ma sarebbe necessario uno per ciascuno.
D: Come le dicevo, sui limiti normativi che ostacolano il vostro lavoro ho registrato le rimostranze anche degli altri dirigenti intervistati, ed allora mi chiedo perché non operate una pressione una richiesta comune a Roma per poter ampliare l’autonomia, per una normativa che vi conceda maggiori poteri da questo punto di vista.
R: Qui veniamo al nocciolo della Riforma, di ogni riforma a dire il vero, cioè al fatto che non esiste un riforma che sia perfetta, il che vale per tutti gli ambiti non solo per l’arte o per questo ministero. Tuttavia dopo questi due anni, considerando dove sono emersi i problemi e quali sono state le questioni che ci si sono poste di fronte certo le cose le abbiamo più chiare e possiamo operare per migliorarle. Parlando per quello che mi riguarda, io le cose ho dovuto conoscerle direttamente, dall’interno, non c’è stato proprio nessuno che mi ha istradato, diciamo così, che mi ha messo di fronte alle varie realtà che erano da affrontare. Quando ho preso maggiore coscienza, ho pensato di creare una Associazione degli Amici dell’Accademia che in effetti mi ha facilitato e mi facilita molto le cose: ad esempio serve un libro? Posso rivolgermi a loro; è un modo per superare certi impedimenti burocratici.
D: In effetti mi pare che alcune recenti acquisizioni dell’Accademia siano state possibili grazie a questa Associazione.
R: Si, una donazione particolarmente gradita, perché ci consente di completare un tassello della nostra collezione di sculture, è stata il notevole modello marmoreo -che figurava nello stand dell’antiquario fiorentino Giovanni Pratesi nella recente Biennale di Antiquariato di Palazzo Corsini- del busto di Giovanni Battista Niccolini, opera del celebre scultore toscano dell’Ottocento Lorenzo Bartolini di cui possedevamo già il gesso; grazie a questa donazione, la scultura in marmo e il modello in gesso sono di nuovo l’una accanto all’altro. Ma abbiamo anche acquisito, come lei sa, quattro tavole fondo oro riconosciute di mano di Mariotto di Nardo (Firenze, 1365 c/a – 1424 c/a): due sportelli -che erano anch’essi esposti nella XXX^ Biennale Antiquaria nello stand dell’antiquario milanese Matteo Salomon, ai quali si sono aggiunte due semilunette, una con l’Angelo annunziante e l’altra con la Vergine annunziata, studiate ed identificate da Angelo Tatuferi, noto specialista di pittura antica in particolare dei ‘Primitivi’, secondo il quale le sarebbero state le parti terminali superiori degli stessi due sportelli, sicuramente tagliati prima della fine dell’Ottocento, quando i quattro dipinti figuravano ancora descritti nel catalogo della Galleria Corsini a Firenze.
D: Mi pare che qualcuno abbia sollevato delle critiche relativamente a queste acquisizioni che sono costate alcune centinaia di migliaia di euro che magari, secondo i critici, potevano essere spesi per migliorare l’accoglienza.
R: Ma a parte il fatto che i costi sostenuti sono stati al di sotto delle tradizionali stime di mercato per i fondi oro, io miro precisamente al miglioramento dell’accoglienza e anzi l’impegno di un grande museo autonomo come il nostro deve consistere proprio nell’arricchimento e nella valorizzazione delle proprie collezioni. Insomma, voglio costruire un museo che vada verso la direzione dell’eccellenza; questo è un museo d’eccellenza e dunque non ci si può che chiedere l’eccellenza; solo così sicuramente si producono risultati che rimangono in mente e creano interesse e voglia di partecipare. Certe critiche quindi non le capisco.
D: Sono critiche arrivate da settori sindacali; ecco, come sono i rapporti con loro all’interno del museo?
R: I sindacati svolgono un ruolo essenziale e istituzionale di difesa del lavoro e dei dipendenti, di loro si deve tener conto; mi aspetto però che abbiano un atteggiamento collaborativo, costruttivo; non condivido perciò certe critiche a iniziative che arricchiscono il museo, come nel caso delle acquisizioni di cui si parlava; che c’entra questo con al difesa dei diritti dei lavoratori? Meno ancora concepisco che specie quando ci si avvicina alla fine dell’anno ci siano agitazioni e proteste che mettono sovente a rischio perfino l’apertura del museo. E’ ovvio che il turista che magari viene apposta dall’America o dal Giappone o da qualsiasi altro paese per visitare la Galleria e per ammirare il Davide questo non lo capisca. Cosa vuole che ne sappia il turista delle questioni di lavoro e come crede che reagisca quando vede il portone chiuso? Detto questo, io da quando mi sono insediata qui sto lavorando per superare le criticità che le segnalavo; non immagina quanto sia diventata esperta in questi mesi di cose utili ma anche inutili; infatti nessuno mi ha mai spiegato da dove partire, avevo necessità quanto meno di capire inizialmente lo stato dell’arte ma nessuno me lo ha mai chiarito, mentre invece avevo bisogno di una base da cui partire.
D: E come si è regolata?
R: Ho fatto ricorso ad esperti esterni; ad esempio l’architetto che prima era qui ma poi ha preferito il Bargello –ma va bene lo stesso perché con Paola d’Agostino (direttrice del Bargello, ndA) avendo entrambe carenze di dipendenti collaboriamo molto bene- ho fatto venire da fuori l’esperto della sicurezza e dell’impiantistica; poi però sui giornali leggo che mi si attacca perché l’impiantistica è carente; ma perché attaccare proprio adesso che ci stiamo lavorando e non prima visto che il problema esiste da tanti anni? E’ questo che mi dà fastidio, perché significa in sostanza parlare male del museo, metterlo in cattiva luce, è una modo distruttivo di operare non costruttivo. Io sono un’impiegata pubblica, lavoro per il pubblico interesse non certo per interesse personale. Come dirigente statale devo tutelare ed esaltare il patrimonio pubblico e sono felice di farlo in questo posto meraviglioso, per il quale ho lasciato un incarico a tempo indeterminato, ma sono felice, lo ripeto, di essere qui in un incarico che dura quattro anni; poi ci sono critiche che io stessa posso condividere, certo, che possono riguardare l’autonomia, la normativa, l’amministrazione ma si fanno in maniera costruttiva.
D: A quanto mi risulta anche la ricerca di nuovi spazi ha dato luogo a critiche; è così?
R: Io sto lavorando da tempo per risolvere questo problema degli spazi. Tempo fa uscì un articolo che mi accusava di volerli togliere all’Accademia di Belle Arti, si scrisse addirittura che li volevo sfrattare; a parte che non ne avrei avuto né il potere né il diritto, comunque io neppure lo avevo letto, così quando incontrai il Direttore (nella serie di incontri che avevo progettato all’inizio con le principali istituzioni, culturali e didattiche della città per sollevare con tutti il problema della mancanza di spazi) me lo fece subito presente e caddi dalle nuvole; a quel punto lo invitai a scrivere insieme un comunicato con cui negavo quella circostanza e poi da lì è nata una collaborazione veramente eccellente. Per la mostra che è in essere abbiamo messo in atto interventi comuni utilizzando anche i loro spazi e soprattutto coinvolgendo gli studenti. Perché gli studenti sono sempre molto disponibili e poi è questo che vogliono, cioè intervenire nella pratica, oltre allo studio ambiscono a confrontarsi con la vita reale; personalmente del resto l’ho sempre fatto, anche quando ero insegnante universitaria in Svizzera coinvolgevo direttamente gli studenti nelle esposizioni a volte anche facendo scrivere loro schede di catalogo.
D: Le vorrei chiedere un parere per quanto riguarda le risorse che arrivano da privati; lei ha potuto e può valersi dell’aiuto dell’Associazione Amici della Galleria, ma cosa ne pensa delle concessioni di spazi museali per eventi tipo matrimoni, feste, sfilate, ecc. secondo una pratica ritenuta da alcuni più manageriale che culturale? Non pensa –come non pochi fanno notare- che il museo in questa logica finisca col ridimensionare la sua funzione educativa, di trasmissione di valori civili e culturali.
R: Quanto all’intervento dei privati dipende; anch’io faccio concessioni se sono di supporto al museo, ma intanto devono rispettare il criterio dell’eccellenza e della utilità; si possono affittare gli spazi, ovviamente fuori degli orari pubblici, ma nessuno si deve sognare di far saltare tappi e svuotare bottiglie. Mi faccia dire però un’altra cosa a proposito della funzione educativa del museo. Qui, quando sono arrivata non c’era proprio nulla a livello didattico, rimasi davvero colpita dal fatto che non erano avviate iniziative educative per bambini, nulla che ne favorisse l’avvicinamento al museo; è un lavoro che invece giudico essenziale e per questo grazie ad un interpello ora ho una storica dell’arte che se ne occupa; poi abbiamo iniziato collaborazioni e stilato accordi con istituzioni e scuole, secondo una gradualità di interventi, dagli studenti medi più grandi fino ai bambini dell’asilo, abbiamo laboratori attivi anche grazie all’aiuto dell’Associazione; io su questo aspetto conto molto; ma anche per queste cose c’è bisogno di spazi. Ne ho anche parlato col ministro ….
D: A proposito, ma lei che contatti ha con Franceschini ?; vi parlate ? glieli solleva questi problemi?
R: Il ministro Franceschini è venuto qui da noi lo scorso anno e ne abbiamo parlato; mi ha assicurato la sua collaborazione come pure il sindaco Nardella.
D: Tuttavia oltre alla gestione degli spazi e del personale c’è la gestione delle risorse; ma è vero che lei vuole aumentare il costo dei biglietti d’ingresso alla Galleria?
R: Gli 8 euro attuali sono effettivamente pochi, basta fare il confronto con altre realtà museali; ma la questione è più complessa: il concessionario non fa altro che chiedere di aumentare i biglietti secondo una logica per la quale chi può pagare non troverà difficoltà ma a scapito degli altri; una logica che definirei darwinista, che andrebbe al solo vantaggio di chi se lo può permettere; insomma è una questione che va pensata molto.
D: Come giudica le recenti dichiarazioni del ministro sui dati che riguardano la cultura in Italia e che sembrano altamente positivi visto che aumentano visitatori delle strutture museali ed incassi. E’ tutto oro questo che riluce?
R: Guardi non mi appassionano numeri e dati, non sono esperta in questo campo; il lavoro fatto bene non dipende dai dati semmai vale il contrario; certo che gli Uffizi con la Venere, il Louvre con Monnalisa, noi col Davide si parte benino … e tuttavia sono del parere che anche da un museo piccolo possono venire ottimi riscontri, dipende dal lavoro che si fa; per quanto mi riguarda da quando sono qui sto precisamente cercando di fare questo, lavorare per far crescere l’eccellenza, come dicevo, ampliare la forza attrattiva del museo non nell’aspetto di macchina per fare soldi, non come un apparato che non tende ad altro che ad acchiappare quanta più gente possibile, ma come proiettore e propagandatore di conoscenze competenze e cultura per tutte le generazioni.
PdL Firenze dicembre 2017