Asciano suono festival: l’incanto della speranza. Tra le Crete senesi il festival dei suoni si rinnova ogni anno

di Sabatina NAPOLITANO

Asciano suono festival 2024: l’incanto della speranza

Chiedo scusa per la mia assenza in questa rivista ma la scrittura dei libri di poesia mi ha richiesto energie. Avevo da raccontarvi del festival del 2024 organizzato da Cesare Picco ad Asciano, lo farò con dei pensieri di nostalgia per il futuro e speranza. Questo anno purtroppo, per l’edizione del 2025, non ci sarò perché mi trasferirò prima al sud. Negli ultimi tempi mi pare di capire che l’IA sta facendo passi da gigante nel campo della scrittura, quindi mi limiterò in una prima introduzione alle informazioni generali intorno questo festival.

La terza edizione del 2024 si è svolta dal 2 al 6 luglio 2024, con una serata di chiusura il 26 luglio all’anfiteatro delle Crete a cui non ho partecipato da spettatrice. Il percorso aveva questi temi divisi nei giorni “il suono del fuoco” il 2 luglio, “il suono del viaggio” il 3 luglio, “il suono del sorriso” il 4 luglio, “il suono della vita” il 5 luglio, e in ultimo “il suono della meraviglia” il 6 luglio. Un percorso quindi tra le parole portanti: fuoco, viaggio, sorriso, natura, meraviglia. Che a dirsi così sembrano parole banali, prive di sentimento ed emozioni, eppure dalla semplicità e gentilezza di gesti raffinati nasce sempre qualcosa di significativo. Come già sapete da ciò che vi ho scritto per le passate edizioni, questo Festival si svolge in siti vicini al centro storico d’Asciano, dove vivo, così come proprio al centro storico.

Per definire il ruolo della musica in situazioni complesse come quelle che osserviamo nel panorama attuale dovremmo rifarci alla filosofia. Da armonia matematica che governa il cosmo (Pitagora), a catarsi delle emozioni (Aristotele), poi da riflesso dell’ordine divino (Sant’Agostino) all’estetica moderna. Leibniz la definiva ne “Musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi” un esercizio occulto dell’aritmetica di un’anima che non sa di calcolare. Kant nella “Critica del giudizio” la definisce “libera giocosità” dell’immaginazione, per Hegel la musica era capace di esprimere l’assoluto, per Schopenhauerla più alta di tutte le arti”, una diretta oggettivazione della Volontà noumenica. Per Nietzsche l’espressione delle forze dionisiache della vita. Adorno ne “Filosofia della musica moderna” ritiene che la musica debba essere contestualizzata al contesto sociale, criticando l’industria culturale e la commercializzazione della musica. Ad oggi mi sento di dire, non conoscendo un filosofo della fenomenologia della musica, che la musica permette romanticamente un salto rispetto alla miseria delle nostre condizioni legate alla realtà. Un superamento della miseria ingaggiando l’uomo ad una integrità migliore del vivere, più scaltra e astuta insieme. La musica ci permette di incoraggiare reazioni e sentimenti, quindi è un salto, ripeto. Un salto che non aggredisce e non svuota, che non preoccupa e anzi, per questo, è alla soglia dell’onirico, del sogno. La poesia si intrufola nell’inconscio attraverso rievocazioni di emozioni, sentimenti sepolti, seppelliti e incontrollati, ci avvinghia a questa soglia come chi aspetta un abbraccio o un bacio.

Ritornando al Festival, per il suono del fuoco il protagonista non poteva che essere Niño Josele in concerto alla chiesa di San Francesco. Niño Josele come è noto, è esponente del nuovo flamenco, un flamenco che risente degli echi della musica del Sud America legate alle influenze jazz. Chiaramente non parliamo del primo arrivato in fatto di jazz e flamenco, Josele infatti è noto anche per aver collaborato con artisti dal calibro di Chuck Corea, Lenny Kravitz, Alicia Keys, Elton John, Diego El Cigala, Enrique Morente e Paco de Lucia.

foto 1. Nino Josele in concerto per Asciano Suono Festival 2024

Il flamenco di Josele resta come sempre disorientante in dolcezza, mostra una sofferenza profonda che scuote l’anima, ci chiama a consigliarci, a domandarci “cosa si sarebbe potuto fare ancora?”. Una domanda che il flamenco affida alle nostre abitudini con quella soave possibilità di consolazione e resa, proprio quella che appartiene all’amore, a quel “ti amo” non pronunciato ma che castiga gli amanti. Un flamenco legato al corpo, al desiderio di esaminarsi, di colpirsi, amarsi e desiderarsi. Vicino alle nostre anime, facente parte di noi, che obbedisce ai nostri regni interiori, capace a consolarci, farci annuire come ad una forma di salvezza. Un canto che come un diadema regale, lascia la traccia sonora delle nostre orazioni. Di quando umili e miti ci riserviamo la dolcezza della passione e dell’abbandono. Suoni ed armonie profondissime, equilibrate e misurate, che con la musica cedono alle parole del tempo, accendono e scaldano, rendono intimi, accolgono le ferite. Un flamenco che porta i temi delle felicità e delle sofferenze, conoscitore dei dolori e degli zeli e capace a sbarazzarsi dei malanni spirituali per risanare anima e cuore, spirito e mente. Un flamenco che battezza un nuovo amore, e lo affida alle moltitudini.

È evidente che a questo punto possiamo muovere una riflessione tra il flamenco tradizionale, e quello contemporaneo proposto per il Festival. Il flamenco puro, dall’Andalusia, si anima attraverso la chitarra flamenca, il cante (il canto), la danza (baile), il palmas (battito delle mani), i pitos (schiocco delle dita) e le castañuelas (nacchere). Senza indugio si tratta di una tradizione dei sentimenti andalusi forti: dolore, amarezza, passione, erotismo, enfasi, malinconia, torpore. A volte le ballerine indossano i tradizionali abiti lunghi con i volantes (balze) e mantones de Manila (gli scialli). Mentre troviamo gli uomini con camicia bianca, pantaloni e gilet. Abiti che devono permettere nelle donne il braceo (movimenti sensuali delle braccia) negli uomini lo zapateado, il battito dei piedi a terra. Il flamenco contemporaneo logicamente è mosso da contaminazioni continue tra influenze jazz, rock, pop, musica latina, salsa, blues, rumba. Il flamenco di Niño Josele ha quel qualcosa in più del canone, che coincide col virtuosismo della sua arte. La capacità di improvvisazione e la sensibilità melodica coincidono con una esclusivissima sperimentazione di nuove sonorità.

Con il concerto dei Boa Viagem Quartet il 3 luglio, per il suono del viaggio, anch’io ho vissuto un breve viaggio in Sud America, partendo dalla chiesa di San Francesco. Chitarra, fisarmonica, batteria, per il tesoro della musica popolare brasiliana, del bolero, del tango, la chacarera, il chamamé, bossa nova, samba. Più che una musica del desiderio il quartetto ha liberato delle note di sensibile potenza, come un modo per durare il sentimento, per farlo resistere. In una metafora che spero mi venga permessa, il fuoco è la miccia del desiderio, mentre il tango, il bolero, ne sono la conferma, il trionfo. Così come la musica brasiliana sotterra le disperazioni, annega le brutture, ottenebra le male azioni.

foto 2. Boa Viagem Quartet

Dove trovare quindi tutta la sorgente della lode? Della meraviglia (citata per giunta nel tema dell’ultimo giorno a chiusura del festival)? Sicuramente mi viene da rispondere, “da Dio! Dallo Spirito Santo!” o ecco, dalla musica. A maggiore conferma che il percorso muove a queste riflessioni, il Coro Kastalia, (un coro di voci interamente femminile), compie le indagini mosse dal quartetto per elevarne i meriti, quasi dando loro un accenno di sacralità. Kastalia, per altro, fa riferimento alla ninfa greca che dà il nome alla fonte sacra delle muse, così come narrato dal coro de “Le Fenicie” di Euripide. Tradizione andalusa e tradizione sud americana, affidate alla ricerca quotidiana della buona speranza, dell’armonia, guardando ad una radice divina, ad un bagno, che incanta e rende grazie, come ricompensa di una preghiera recitata degnamente.

Il 4 luglio, col “suono del sorriso”, Gioele Dix si racconta sul palco di Piazza del grano. Comico di spessore, molto noto in Italia, è riuscito a raccontare senza superficialità ma con ironia e sagacia i diversi bisogni dell’uomo come quello dell’amare, del litigare, dell’arrabbiarsi, del dominare. Un sorriso che riesce a ricompensare anche i lati bui della dignità umana, che senza stonare e distruggere il registro toccante e complesso della concentrazione emotiva dei giorni precedenti, ci muove come ad una risata piena di lacrime, ad una riflessione esistenziale ed ironica sull’irrevocabile sentenza di essere in vita.

foto 3. Cesare Picco con Gioele Dix

Sempre sul palco di Piazza del grano, praticamente sotto casa mia, il 5 luglio per il “suono della natura” Manu Delago e Mad about Lemon si sono esibiti per un Concerto sotto le stelle.

foto 4. Manu Delago in Concerto sotto le stelle

Manu Delago è un compositore e musicista austriaco conosciuto a livello internazionale. La sua fama la deve anche e soprattutto al modo in cui suona l’hang infatti è uno dei maggiori interpreti mondiali dell’handpan. È anche noto che Manu ha collaborato tra i  tanti artisti celebri in tutto il mondo, con Bjork, Ólafur Arnalds, Joss Stone, Bugge Wesseltoft, The Cinema Orchestra, Anoushka. “Suono della natura” anche perché Manu fonde l’elettronica con l’ambient, come in una fiaba dall’atmosfera onirica. In più la disinvoltura dei Mad About Lemon costruisce un ensemble di sonorità acustiche uniche: musica sperimentale, jazz, elettronica, ambient, world music. Manu era affiancato da tre cantanti e da un contrabbasso. Il risultato della sua ricerca è una genialissima dissolvenza dove la realtà diventa ancora una volta, incanto puro. Suggestioni, mancanze, gesti magici dunque, che i Mad About Lemon evocano sul palco anche attraverso la pittura. Anche sulle tele sono impresse delle ricerche, del segno, del colore, esercitate con l’ispirazione musicale.

Il 6 luglio per “Il suono della meraviglia” di sera, ho seguito il concerto finale nella Chiesa di San Francesco con Cesare PiccoDimitri Grechi Espinoza e l’Ofi string quartet, Camille & Manolo. Ma la mattina sono scesa per fare un giro in piazza Garibaldi (anche perché sapevo che avrei trovato uno spettacolo di Camille & Manolo).

Camille & Manolo sono i co-fondatori e direttori artistici del Théâtre du Centaure, con sede a Marsiglia. Primi al mondo per aver creato un teatro equestre elegante e sofisticato, suggestivo, in una connessione fedele e profonda coi loro cavalli. Mi sono trovata ad un passo dai cavalli in piazza! Una gloria temporale, un ricordo che ti trasforma dentro. Chiaramente da poeta non posso che sottolineare la simbologia che emanano insieme: vengono come da un luogo mitico, lontano, dove l’amore è profondissima connessione coi mondi. Redini di occasioni fuori dal tempo e fuori dallo spazio, mitiche come possibili nel tempo dell’anima. Un po’ mito della teoria amorosa, desiderio che guida e sorveglia, i riguardi che l’amato volge all’amata, i perdoni concessi, le vittorie e ancora le schiavitù amorose, le radici nel cuore, e nel distacco pur di rivederlo o rivederla. Due corpi: il corpo dell’amato e dell’amata che si ricongiungono al corpo animale del cavallo, animale nobile e da domare, che sorregge nel regale affronto del desiderio e della passione.

In chiusura, nella Chiesa di San Francesco, vi lascio immaginare che meravigliosa scenografia si è venuta a creare. La danza voluttuosa dei centauri, le note delicatissime e dolcissime di Picco, il canto dell’Ofi string quartet che ci stringeva fino al sogno. Pare veramente di sentirsi vicino agli dei.

foto 5. Camille & Manolo

Purtroppo mi sono persa l’Abel Concerto all’anfiteatro delle Crete, con Alessandro Baricco, Roberto Tarasco, Nicola Tescari. Diciamo che ero con loro spiritualmente, e non fisicamente, ahimè.

foto 6. Sabatina Napolitano e Cesare Picco

Non so se sono riuscita a dare una memoria considerevole a questo festival così ispirato eppure non potevo far altro per raccontarvi ciò che ho percepito.

Abbiamo sempre più diritto ad occasioni culturali che ci illuminano l’anima. La musica detta una mistica che ci immerge nella fonte divina delle nostre parti più belle ed evolute, ci immerge nella purezza della storia, in un libro magico e incontaminato che converte senza indugiare a un pensiero migliore. Musica che salva, converte, rende giusti, cessa le azioni maligne, scaccia le malvagità dalle anime, parla con dolcezza, nostalgia, desiderio e passione in un colloquio senza fine.

Sabatina NAPOLITANO  Asciano  29 Giugn 2025o