Arte mi sia Gentil esca; la conferenza ai Cavalieri di Malta: nuovi spunti sul rapporto Artemisia / Orazio e un dipinto inedito della pittrice

di Gabriele PANDOLFELLI

Arte mi sia

Gentil esca

Lo scorso 19 maggio si è tenuta a Roma nella Casa dei cavalieri di Rodi, sede storica del Sovrano Militare Ordine di Malta, la conferenza “Arte mi sia Gentil esca”.

L’intelletto viene stimolato dal titolo evocativo della conferenza che non solo rivela l’argomento, ossia Artemisia Gentileschi, ma anticipa in maniera felicemente enigmatica un’interpretazione dietro al nome della grande pittrice del Seicento. L’evento rappresenta il secondo appuntamento in tema di caravaggismo e pittura del Seicento e fa seguito a quello del 2024 dedicato a Michelangelo Merisi.

La ricchezza contenutistica e la riuscita della conferenza sono dipese dal connubio di tre approcci diversi alla figura di Artemisia: uno sociologico di Patrizia Castagnoli (sociologa), uno psicologico di Giuseppe Resca (psichiatra e noto collezionista d’arte) e uno storico artistico di Pierluigi Carofano (storico dell’arte). Nello specifico si è cercato di approfondire un lato più privato e psicologico della pittrice soprattutto in relazione al rapporto filiale e artistico con il padre Orazio, lasciando sullo sfondo il trauma della violenza sessuale perpetrata dal pittore Agostino Tassi.

– Fig. 1, Artemisia Gentileschi Susanna e i vecchioni, 1610, Collezione Graf von Shönborn, Pommersfelden

Giuseppe Resca ha sottolineato l’esistenza di due piani distinti nella vicenda di Artemisia: la realtà oggettuale fatta di documenti e atti processuali e la realtà psicologica intrinsecamente legata all’espressione artistica.

In particolare, è stato proposto il confronto tra due dipinti di Artemisia, il primo, molto noto, Susanna e i vecchioni di Pommersfelden (fig. 1) e il secondo in collezione privata Giove e Semele (fig 2) che dimostra, secondo la lettura di Resca, come la pittrice affronti i soggetti iconografici con inevitabili rimandi autobiografici, soprattutto sui temi dell’insidia sessuale, del dominio psicologico e della passione per la pittura.

– Fig. 2 Artemisia Gentileschi (attr.), Giove e Semele, Roma, coll. privata

Il criptoritratto di Orazio Gentileschi appare come una presenza inquietante in questi dipinti, a suggerire un ruolo di abusatore psicologico (fig. 3).

Fig. 2, Anthon Van Dyck, Ritratto di Orazio Gentileschi, 1635 ca., British Museum, Londra.

Pertanto, la figura del padre assumerebbe per Artemisia, oltre al ruolo di maestro dell’arte, anche una valenza fortemente negativa come dispotico dominatore. La pittrice quindi si sarebbe trovata nella delicata condizione di musa/allieva e, come tale, oggetto in possesso del padre. Questa interpretazione viene in parte supportata da quanto riportato da Patrizia Castagnoli che, descrivendo il concetto della patria potestà, ricorda come nel Seicento il padre avesse ampi poteri sui figli, specialmente sulle figlie femmine che restavano sotto la tutela giuridica paterna fino al matrimonio, per passare poi sotto quella del marito.

Sono stati in merito citati alcuni casi di artiste donne come Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana, esemplari di un rapporto felice con i genitori che incoraggiarono e permisero la loro attività artistica, oppure come Marietta Tintoretto e Artemisia Gentileschi certamente in rapporti difficili e conflittuali con rispettivi padri. Perché una donna potesse perseguire la carriera artistica, non potendo frequentare le accademie, doveva ottenere il supporto imprescindibile sia del padre che del marito, ossia di entrambe le figure che esercitavano su di essa potere e controllo.

Pierluigi Carofano ha rimarcato la grandezza artistica di Orazio Gentileschi la cui carriera e opera risultano enormemente superiori a quella della figlia, aggiungendo però che in base a logiche contemporanee Artemisia ha acquisito forse più importanza. Sono state fornite importanti precisazioni biografiche e storiche sulla famiglia Gentileschi: fiorentina, di grande tradizione orafa, il cui il vero cognome era Lomi.

– Fig. 4, Orazio Gentileschi, Madonna col Bambino, 1605-1610, Galleria Corsini, Roma

Inoltre, per descrivere e inquadrare lo stile di Gentileschi è stata rilanciata la concisa quanto mirabile descrizione di Roberto Longhi secondo cui Orazio sarebbe un “Bronzino fattosi Caravaggesco”.

Partendo da tali presupposti e mantenendo l’aderenza ai documenti dell’epoca Carofano presenta accuratamente la personalità del pittore stemperandone l’aspetto oppressivo e dispotico, ricordando che almeno fino al 1613 – 1614 aveva lavorato in stretta collaborazione con la figlia. Un grande artista, Orazio, che probabilmente non fu così brutale altrimenti non avrebbe potuto dipingere uno dei quadri più intensi e intimi del Seicento come la Madonna col Bambino della Galleria Corsini di Roma (fig. 4).

Gabriele PANDOLFELLI  Roma 25 Maggio 2025