All’Arciliuto una spettacolare live session di Nicola Alesini (sax, electronics) e Theo Allegretti (piano, synth).

di Marco FIORAMANTI

L’Arciliuto è uno spazio magico di teatro, poesia e musica inserito in un palazzo dei primi del Cinquecento alle spalle di Piazza Navona.

Inaugurato nel ’67 da Enzo Samaritani – cantante, scrittore e poeta – appena tornato dagli States, viene continuato con grande passione da suo figlio Giovanni, cantante egli stesso, il quale, di recente ha passato da poco la direzione artistica a Sara Della Porta, cantante jazz nota al grande pubblico. L’esibizione di stasera è quella di un duo così affiatato da lasciare incantato il pubblico e porta i nomi di Theo Allegretti & Nicola Alesini. Il primo, pianista, compositore e improvvisatore, collocato nell’ambient jazz contemporaneo, che si esprime con un linguaggio di sonorità evocative che lui definisce espressionismo spirituale. Il secondo, compositore e sassofonista, è uno dei più attenti ricercatori di nuove sonorità nell’ambito della tradizione mediterranea, fondendo jazz e musica popolare, ambient e world music

La serata all’Arciliuto cade volutamente nel giorno del Solstizio d’estate, giorno in cui, secondo la medicina tradizionale cinese, tutto ciò che è luce, calore e attività è “yang” e “cielo e Terra si uniscono e donano ai diecimila esseri fioritura e frutti”. È proprio concordando sulla potenza di questo picco energetico che i due fratelli-di-nota, Alesini/Allegretti, hanno deciso di unire la loro inesauribile spinta poetica. Il palco, strategicamente relegato nell’affascinante angolo avvolto in riflesso da luce bluastra, si apre a un vasto numero di tavolini tondi da cocktail che lasciano intravedere ombre di un pubblico attento e partecipato. Sui tavoli le piccole luci di candela a riverberare i falò celtici di questa festa conviviale a cui – in secoli precristiani – partecipava tutto il villaggio a celebrare Litha, la divinità del fuoco e dell’acqua, festeggiata in questo giorno particolare.

Nel silenzio, è Theo Allegretti a sistemare il suo piano preparato con piatti e coperchi, pentoline, pietre, chimes (campanellini) e una mazzetta da marimba. Sta preparando la prima parte dello spettacolo, quella misterica, esplorativa e, al microfono, consiglia addirittura al pubblico di ascoltare ad occhi chiusi. Parte subito potente il duo con Lonely Fire di Miles Davis, un brano di un quarto d’ora, un fuoco che piano piano si accende tra piano e sax, con atmosfere molto dilatate, interrogative, misteriose, che lasciano spazi aperti, in una dimensione atemporale che crea spaesamento. Si tratta di un jazz contaminato rivisitato con tappeti ambient e piano elettrico, “pads cinematici da atmosfera” (Allegretti).

Dopo il brano Waves, più acustico, lirico-onirico, ecco che entriamo nel mondo misterico con Ritual, un pezzo “sciamanico”, reiterativo, tipo mantra, organizzato su scale mediorientali, con effetti e riverberi. La seconda parte declina invece in maniera più meditativa, quasi sognante attraverso dei loops ritmati uscenti dalla consolle di Alesini con atmosfere alla fourth world di Jon Hassell, trombettista innovatore, collaboratore con Brian Eno. Su questo impasto Allegretti imbastisce ricami attraverso il suo synth mentre Alesini fraseggia colori contrappuntistici attraverso il suo sax e gli electronics. Il filo emotivo conduttore della serata resta sempre e comunque su una frequenza di alta poesia, e il pubblico lo percepisce e risponde calorosamente.

Gli ultimi due brani, in acustico, viaggiano leggeri su un’atmosfera più sognante, e si chiudono con Epilogo, un pezzo urlante, talmente lirico che è quasi doloroso. Gli astanti, entusiasti, impongono un bis, ed il brano è il famoso In A Silent Way scritto da Joe Zawinul (tastierista austriaco degli Weather Report, innovatore dell’elettronica nel jazz), reso famoso da Miles Davis. E il silenzio prende forma fisica e s’impossessa della sala fino all’ultimo, scrosciante applauso.

Marco FIORAMANTI  29 Giugno 2025