A Montepulciano un Beethoven poco conosciuto ma di grande fascino.

di Claudio LISTANTI

Il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, nell’arco della sua luminosa storia, ha riservato ai Concerti Sinfonici una cospicua parte della sua vasta programmazione che si sono ben inseriti nell’ambito della struttura artistico-culturale della manifestazione contribuendo in maniera determinante alla maturazione professionale di musicisti e strumentisti che ne hanno animato le esecuzioni musicali.

Fig. 1 Ludwig van Beethoven in un dipinto di Ferdinand Schimon

Anche l’edizione 2022 del Cantiere al suo interno contiene diversi concerti sinfonici, tutti molto interessanti e stimolanti, il primo dei quali ha avuto luogo il 24 luglio presso il Tempio di San Biagio. È stato un appuntamento musicale piuttosto attraente per tutti gli appassionati per diversi motivi. Il primo fra tutti è dovuto alla presenza di Marc Neimann il direttore musicale del festival che, dopo la buona prova fornita nell’esecuzione della donizettiana Rita che ha aperto la rassegna, era atteso a questo appuntamento ‘sinfonico’ con vivo interesse anche per la parallela partecipazione dell’Orchestra Poliziana, omaggio ad una delle prerogative più importanti e genuine del Cantiere di Montepulciano che vede nelle risorse artistiche locali una indispensabile fonte di collaborazione per la realizzazione di diverse proposte musicali.

Fig. 2 il direttore Marc Neimann durante l’esecuzione del concerto © Irene Trancossi.

Per ultimo, il programma presentato, che conteneva musiche prodotte per il teatro. Innanzi tutto un Beethoven insolito per le sale da concerto anche se, dobbiamo certamente dire, conosciutissimo da tutti gli appassionati e i cultori di musica: l’Ouverture Leonora n. 1 in do maggiore, op. 138 e le musiche di scena per Egmont di Wolfgang von Goethe op. 84, qui proposte nella loro integralità, come raramente accade di ascoltare nei concerti. Tra le due composizioni beethoveniane un brano di Aaron Copland, una suite derivante da musiche di scena per Quiet city, partitura nella quale è prevista la presenza di due parti soliste di peso, tromba e corno inglese.

Programma affascinante, quindi, che ha richiamato presso la straordinaria cornice architettonica del Tempio di San Biagio, capolavoro del rinascimento toscano del XVI secolo opera di Antonio da Sangallo che si sviluppa sulla pianta centralizzata a croce greca, un pubblico particolarmente numeroso attratto dall’inusuale contenuto musicale della serata.

Fig. 3 Un momento del concerto del 24 luglio presso il Tempio di San Biagio © Irene Trancossi

Per comprenderne bene la valenza è necessario qualche accenno storico musicale dei brani in programma. L’Ouverture Leonora n. 1 in do maggiore, op. 138 fa parte del tortuoso percorso compositivo che ha accompagnato la produzione dell’unica opera lirica di Beethoven, la Leonora che nella stesura definitiva ha assunto il titolo di Fidelio, appellativo con il quale è universalmente conosciuta. Per quest’opera Beethoven scrisse quattro Ouvertures da porre, come da tradizione, all’inizio dell’opera. L’ultima di esse è entrata nella stesura definiva ed è chiamata Ouverture dal Fidelio mentre le altre tre sono conosciute come Leonore I, II, III e tutte nella tonalità di do maggiore. La Leonora n. 1, op. 138 non fu mai eseguita in quanto considerata inadeguata dallo stesso Beethoven ma pubblicata postuma nel 1832. La Leonora n.2 Op. 72/a aprì la prima edizione di Leonora del 1805 mentre la Leonora n. 3, op. 72/b aprì la seconda edizione della Leonora del 1806 ed è conosciuta perché, nella tradizione esecutiva di Fidelio dalla seconda metà dell’800 in poi, sembra ad opera di Hans von Bülow e Gustav Mahler, fu inserita tra il primo e il secondo quadro del secondo atto. L’edizione definitiva dell’opera, andata in scena nel 1814, ebbe come apertura Ouverture Fidelio, op. 72 scritta nella tonalità di mi maggiore.

La Leonora 1 a giudizio di buona parte della critica è considerata, nonostante la poca popolarità, di un certo valore soprattutto per la brillantezza strumentale e per l’intensa parte centrale che conduce al festoso finale.

Egmont di Wolfgang von Goethe è forse la composizione più illustre di Beethoven per quel genere musicale chiamato ‘musiche di scena’ che accompagnava le evoluzioni drammatiche di molti lavori teatrali. Il musicista tedesco trovò sempre molto attraente se si pensa a drammi come König Stephan (Re Stefano) e Die Ruinen von Athen (Le rovine d’Atene) entrambi di August von Kotzebue.

Fig. 4 Il soprano Signe Heiberg e l’attore Andrea De Luca durante l’esecuzione di Egmont © Irene Trancossi

Egmont, scritto da Goethe fra il 1775 e il 1787, incontrò una particolare attenzione da parte di Beethoven soprattutto per quel sentimento di ‘libertà’ che aleggia all’interno del dramma goethiano. Il soggetto è ispirato alle guerre di secessione dei Paesi Bassi dalla Spagna del periodo 1556-1598, una storia che serve come sfondo alla lotta del protagonista Conte Egmont, strenuo difensore dell’ideale della libertà. Egmont dopo aver svelato al duca d’Alba lo stato del suo popolo, viene condannato a morte dal cinismo dell’uomo di governo. Fu decapitato nel 1568 divenendo così il martire dell’indipendenza belga. Non sarà un sacrifico inutile in quanto otterrà la solidarietà del popolo che trasformerà il fatto in una vittoria politica.

La partitura dell’Egmont, scritta a partire dal 1809 per essere eseguita per la prima volta nel 1810, consta di nove numeri di scena inseriti dallo stesso Goethe in alcuni punti cruciali del dramma. A questi nove numeri è anteposta una Ouverture che risulta essere una delle pagine più celebri di tutta la produzione beethoveniana che riesce a sintetizzare con efficace l’evoluzione drammatica del lavoro teatrale.

Gli altri numeri musicali sono costituiti da quattro Intermezzi orchestrali, due Lieder di Klärchen (Claretta amante di Egmont), lo struggente momento della sua morte, il sogno di Egmont costruito come straordinario ‘melologo’ e la Sinfonia di Vittoria finale che suggella eroicamente la tragedia. L’orchestrazione dei brani è di grande spessore e riesce ad evocare tutti i punti salienti del dramma, lo spirito dei personaggi e l’ambiente dell’azione.

Fig. 5 Il musicista Aaron Copland

Al centro della serata un’altra composizione proveniente da rappresentazioni teatrali, Quiet city di Aaron Copland, una musica di scena composta nel 1939 per un lavoro teatrale dello scrittore, drammaturgo e sceneggiatore Irwin Shaw che a quell’epoca, a ventisei anni, era agli inizi di una carriera che lo portò, a partire dagli ultimi anni ’40 dello scorso secolo, ad essere molto popolare. Quiet city narra la storia di due fratelli; uno uomo di affari, l’altro estroso artista. Quest’ultimo è un suonatore di tromba, che cerca di combattere la depressione, vagando di notte per la città nel tentativo di trasmettere a chi incontra, tramite il suo strumento, le sue emozioni e il suo travaglio interiore. Quiet city non ebbe molto successo e fu ritirato. Il compositore statunitense, però, nel 1940 rielaborò le musiche di scena creando una suite per le sale da concerto che fu eseguita a New York nel gennaio 1941.

Ne è uscita fuori una partitura breve ma molto raffinata dove il suono dell’orchestra d’archi serve da base per le evoluzioni virtuosistiche di una tromba e di un corno inglese per trasmettere all’ascoltatore quel patologico vagabondaggio contenuto nel testo teatrale di Irwin Shaw ma, anche, quel disagio esistenziale del suo protagonista.

Fig. 6 Raffaella Farina (tromba) e Irene Fiorino (corno inglese) protagoniste di Quiet City di Aaron Copland © Irene Trancossi

L’esecuzione ascoltata al Tempio di San Biagio a Montepulciano è stata concepita nell’osservanza dello spirito del Cantiere, affidando l’esecuzione ad interpreti provenienti dal territorio. Infatti per la serata è stata scelta l’Orchestra Poliziana, nata nel 1992 all’interno dell’Istituto di Musica di Montepulciano ed è considerata una delle espressioni più importanti della cultura del territorio.  È composta da docenti e allievi dell’Istituto “Henze” e completata da altri giovani allievi dell’Istituto superiore di studi musicali “Rinaldo Franci” di Siena, del Liceo musicale di Arezzo e da studenti e musicisti del sud della provincia di Siena. Nel concerto è risultato molto evidente il massimo impegno profuso da tutti i partecipanti per la riuscita complessiva dell’esecuzione comprese anche le due strumentiste soliste protagoniste del brano di Copland, la trombettista Raffaella Farina prima parte dell’Orchestra Poliziana e il corno inglese Irene Fiorino proveniente dall’Istituto superiore di studi musicali “Rinaldo Franci” di Siena. Entrambe hanno mostrato sicurezza nel rendere le difficili parti soliste a loro affidate fornendo un contributo determinante all’esecuzione, ed al successo, del brano.

Fig. 7 Il soprano Signe Heiberg e il direttore Marc Neimann durante l’esecuzione di Egmont © Irene Trancossi.

Per quanto riguarda le musiche di scena di Egmont, eseguite come accennato in maniera integrale, c’è da segnalare la voce recitante dell’attore Andrea De Luca che ha recitato i testi tratti dalla traduzione italiana di Fedele D’Amico unitamente al soprano tedesco Signe Heiberg che ha saputo dare spessore ai due lieder regalando brillantezza al canto guerresco ‘Die Trommel gerühret!’ (Risuona il tamburo) e a quello più patetico e riflessivo ‘Freudvoll und leidvoll’ (Starsene assorti, soffrire e gioir), mostrando una voce suadente e ben educata.

Fig. 8 L’Orchestra Poliziana assieme a Signe Heiberg, Andrea De Luca e Marc Neimann applauditi al termine del concerto © Irene Trancossi.

Come accennato all’inizio, tra gli elementi più importanti della serata, c’era la presenza del direttore tedesco Marc Neimann, quest’anno direttore musicale del Cantiere. La sua prova in questo concerto è risultata del tutto convincente soprattutto per la conduzione dell’Orchestra Poliziana dalla quale ha saputo trarre musicalità e partecipazione facendoci ascoltare una interpretazione densa di cantabilità e di senso drammatico riuscendo a rendere non solo la brillantezza della Leonora 1 ma, anche, il canto eroico di Egmont parimenti al suo dramma personale rendendo particolarmente affascinante l’esecuzione completata anche da quelle sonorità attutite, spesso rarefatte della composizione di Copland. Il tutto tenendo in considerazione le particolarità acustiche del Tempio di San Biagio che offre certo un ascolto più completo e stabile rispetto alle esecuzioni estive all’aperto ma in un contesto nel quale, però, si può sconfinare nelle sonorità roboanti e fragorose, molto felicemente evitate dall’accorta e accurata direzione di Neimann.

Il pubblico convenuto al limite della capienza ha decretato al termine un chiaro ed entusiastico successo con scroscianti applausi per tutti gli interpreti più volte chiamati sul palco per trasmetterne l’approvazione.

Claudio LISTANTI  Montepulciano 31 Luglio